[Post Punk] The Fall – Imperial Wax Solvent

[Post Punk] The Fall – Imperial Wax Solvent (2008)

Alton Towers – Wolf Kidult Man – 50 Year Old Man – I’ve Been Duped – Strangetown – Taurig – Can Can Summer – Tommy Shooter – Latch Key Kid – Is This New – Senior Twilight Stock Replacer – Exploding Chimney

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“Imperial Wax Solvent” dovrebbe essere il ventisettesimo (27) album in studio per la formazione capitanata dall’inossidabile Mark E. Smith. Dico dovrebbe perché star dietro alla logorrea compositiva dei Fall è impresa (quasi) impossibile. Non credo che dal 1979, quando debuttarono con “Live At Witch Trials”, sia trascorso un singolo anno privo di loro pubblicazioni, alternando generalmente un’uscita convincente ad un’altra decisamente inutile e scontata.

Questa volta, però, dopo il corrosivo “Reformation Post TLC”, dell’anno scorso, la band di Manchester sforna un altro album convincente. Smith ci tiene a sottolineare che ormai ha cinquant’anni, ma che questo gli piace (“50 Year Old Man”, un tour de force di 12 minuti, diviso tra lacerazioni punk, folli digressioni country e un’attitudine anarchica degna dei tempi d’oro, che si dimostra il pezzo forte del disco); in effetti, era da tempo che il musicista non si mostrava al suo pubblico così in forma ed arrabbiato.

Il resto di “Imperial Wax Solvent” contiene tutto quanto ha fatto la fortuna e la sfortuna dei Fall: grande disinvoltura nel passare da uno stile all’altro, amore per le traballanti sonorità lo – fi, spirito freak unito alla voglia di sperimentazione tipica della new wave (la critica li ha spesso accostati, giustamente, a Captain Beefheart; ma io li vedo più come un incrocio tra i Fugs ed i P.I.L.). Come sempre, il loro caos compositivo a volte convince, a volte invece lascia perplessi: esempi del primo caso possono essere trovati nel garage stoogesiano di “Wolf Kidult Man”, nella prova vocale sgraziata e caracollante di “Strangetown”, nel Frank Zappa proletario di “Latch Key Kid”, nelle bordate chitarristiche di “Exploding Chimney”. Più anonimi e scontati risultano essere gli episodi nei quali si cincischia troppo con l’elettronica: su tutti svetta “Taurig”, brutta composizione della nuova moglie di Mark, Eleni Poulou, che ricorda i Fall più scarichi dei primi anni Novanta.

Se siete fan di Mark E. Smith e del suo ensemble, sapete già cosa aspettarvi, e non credo che avrete particolari problemi ad apprezzare in blocco la loro ennesima fatica, imperfezioni comprese. Resta comunque da segnalare un parziale ritorno dell’ispirazione che, se non basta ad avvicinare gli apici massimi di “Dragnet” e di “Hex Enduction Hour”, risulta comunque sufficiente per scrivere ancora dischi vivaci e scorbutici.

Stefano Masnaghetti

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