Evil Urges – Touch Me I’m Going To Scream Pt. 1 – Highly Suspicious – I’m Amazed – Thank You Too! – Sec Walkin’ – Two Halves – Librarian – Look At You – Aluminium Park – Remnants – Smokin’ From Shootin’ – Touch Me I’m Going To Scream Pt. 2 – Good Intentions
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Un disco esagerato. Non nel senso buono del termine, però, o almeno non solo in quello. Arrivata al quinto album in studio, la jam band più chiacchierata d’America, regina dell’ultima edizione del Bonnaroo Music Festival, perde ogni ritegno e allestisce un lavoro entro il quale c’è tutto e il contrario di tutto. Se l’intenzione era quella di spiazzare i loro fan, l’impresa può dirsi perfettamente riuscita. Se, al contrario, il quintetto di Louisville voleva dimostrare di essere ulteriormente cresciuto e maturato, allora non si può dire che il risultato sia all’altezza delle aspettative.
Eppure, leggendo da più parti, sia sul web sia sulla carta stampata, “Evil Urges” viene salutato quale ennesima prova di eclettismo e di genialità da parte dei My Morning Jacket. Anzi, si plaude al coraggio avuto nello sperimentare e nello stravolgere una formula che, fino ad oggi, aveva consentito al gruppo di conquistare un largo e fedele seguito, principalmente costituito da estimatori del vecchio southern di Lynyrd Skynyrd e Allman Brothers Band, del folk e della musica tradizionale americana, ma anche da coloro i quali non disdegnano un tuffo nelle sonorità psycho – indie di Flaming Lips e simili.
A mio modesto avviso, “Evil Urges” è più un guazzabuglio di stili e generi diversi, piuttosto che una dimostrazione d’indipendenza e libertà artistica. Soprattutto, manca il gusto per gli accostamenti tra i vari brani che lo compongono, gusto che gli statunitensi avevano sempre dimostrato di possedere nelle loro precedenti emissioni discografiche, compreso il monumentale live “Okonokos” di due anni orsono. Così, a fianco di pezzi folli ma riusciti, come il country – prog intriso di funk e di acuti in falsetto della title – track, o il pazzesco mix di Prince e del Beck più goliardico, periodo “Midnite Vultures”, di “Highly Suspicious”, se ne trovano altri che paiono brutte risciacquature del pop più abulico in voga negli anni Ottanta, come gli otto, insostenibili minuti synth – dance di “Touch Me I’m Going To Scream” parte seconda, senza tralasciare alcuni pasticci melodici posti nel mezzo dell’album, quali il melenso carillon vocale di “Sec Walkin”, l’inconcludente ballad “Thank You Too!”, in cui lo spreco degli archi è degno di miglior causa, e i coretti Fifties di “Two Halves”. Molto meglio, allora, il rock energico di “Aluminium Park” e di “Remnants”, o il classico sudista “I’m Amazed”, episodio più convincente dell’intero album.
Con “Evil Urges” i My Morning Jacket elevano al cubo quella vena d’istrionismo e di allegra anarchia che da sempre covava in loro, ma, anche a causa di un’eccessiva spersonalizzazione del loro sound originario, finiscono per perdere di vista quel minimo di coesione che un album richiederebbe. Pare che a suonarlo ci siano almeno tre complessi diversi, senza che nessuno di essi riesca a mettersi d’accordo con gli altri per giungere, almeno, a una direzione comune da intraprendere in ambito compositivo. Sinceramente, li preferivo come raffinati e psichedelici epigoni della Dave Matthews Band e di esperienze simili.
Stefano Masnaghetti