Sliver – Unafraid – Hundred Mile Stare – At 30,000 Ft. – A Dead Man’s Words – The Killer – Middle Of Hell – If I Were King – Man Down! – Remember Me – Home Again – The Voice
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Il concept, i testi, l’impegno sociale e politico che c’è dietro ad American Soldier è davvero incredibile. Il singer Geoff Tate ha personalmente intervistato e parlato con molti reduci (compreso il padre che ha partecipato alla guerra del Vietnam a suo tempo) per comporre un album a tema che colpisse nel profondo l’ascoltatore, immergendolo nei pensieri e nelle emozioni di chi combatte o ha combattuto per la patria. Diverse le tematiche affrontate: si parla tra gli altri dei primi giorni d’addestramento, del recupero di un ferito sul campo di battaglia, della solitudine dei piloti dei caccia bombardieri alla difficoltà di mantenere una relazione a migliaia di chilometri di distanza. Da questo punto di vista l’operazione è interessante e tutto sommato ben riuscita.
Però a noi interessa forse anche la musica, interessano i ritmi, interessano le scosse che quest’arte sa darci. E purtroppo da quest’altro punto di vista tanto per cambiare i Queensryche han mancato il bersaglio un’altra volta. Se il nostalgico (benché appena sufficiente e ricco di alti e bassi) Mindcrime II e il relativo libidinoso tour di supporto c’avevano fatto ben sperare, il nuovo album prosegue nella tragica striscia intrapresa nel post Promised Land, ultimo momento in cui bene o male l’ispirazione caratterizzava ancora uno dei nomi qualitativamente più validi della scena heavy mondiale. Tutti i pezzi sono uguali, stesse ritmiche, stesse strutture, chitarre smussate, cantato che raramente cambia registro e una sensazione di noia che sale col passare dei minuti.
Con un bicchiere di brandy, in penombra, in una serata solitaria e con un buon paio di cuffie, questo lavoro potrebbe anche piacervi vista l’impostazione intima e riservata data all’opera, ma nonostante il concept, come già detto sopra, sia ben costruito, quello che manca sono proprio le belle canzoni. Salviamo “A Dead Man’s World”, “The Killer” e “Man Down!” perché la classe non è acqua, ascoltate singolarmente fanno anche una figura decente…ma il resto siamo costretti a bocciarlo senza appello (compreso il duetto di Tate con la giovanissima figlia di dieci anni).
Solo per fans dalla fede incrollabile (ma veramente incrollabile) e amanti di un certo rock atmosferico e innocuo dal punto di vista dell’impatto; tutti gli altri li attendano sul palco, luogo in cui i ‘ryche sono ancora in grado di suonare del gran rock.
Quanto talento e quante occasioni sprecate negli ultimi quindici anni ragazzi!
J³
Tempo di revival per i Queensryche, dopo aver accontentato il pubblico con la seconda parte di Mindcrime e un fastidioso disco di cover eccoli con un lavoro ispirato ai racconti di reduci e soldati e che musicalmente vorrebbe rifarsi a Promised Land.
Concept molto interessante, ma è la musica che raramente brilla. L’album gioca su atmosfere cupe, ritmi non certo veloci e una certa dose di classe ma pian piano i brani sembrano assomigliarsi tutti. Certo, qua e là spuntano episodi notevoli come Hundred Mile Stare o A Dead Man’s Words, ma è davvero troppo poco. Cosa è successo a quel gruppo capace di cambiar pelle disco dopo disco proponendo musica mai banale e molto intelligente?
La risposta ormai sembra evidente: ha lasciato che Chris De Garmo, compositore e chitarrista, se ne andasse. A quanto pare era lui ad avere il talento di rendere ogni brano unico fungendo da catalizzatore per la classe dei propri compagni di squadra. Peccato, un vero peccato.
Ah, il duetto sulla più che melensa Remember Me è roba che andrebbe vietata per legge.
Stefano Di Noi