[Punk/Alternative] Future Of The Left – Travels With Myself And Another (2009)
Arming Eritrea – Chin Music – The Hope That House Built – Throwing Bricks At Trains – I Am Civil Service – Land Of My Formers – You Needs Satan More Than He Needs You – That Damned Fly – Stand By Your Manatee – Yin/Post Yin – Drink Nike – Lapsed Catholics
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Il secondo disco del trio gallese non lascia nulla d’intentato e segna un netto passo avanti rispetto al suo predecessore. Questa volta Andy Falkous, l’ex leader dei Mclusky, si scrolla di dosso, una volta per tutte, la pesante eredità della vecchia band e decide di condurre il futuro della sinistra verso il sol dell’avvenire. Almeno, per quanto riguarda l’aspetto strettamente musicale.
“Travels With Myself And Another” è un disco riuscito, soprattutto a livello di fruibilità dei singoli pezzi, che raggiungono un ottimo equilibrio fra nevrotiche dissonanze post – punk e orecchiabilità simil – pop. Non un pregio da poco, specialmente per un gruppo che fa del messaggio politico un punto irrinunciabile della propria attività. A noi però questo interessa poco, quindi continueremo soffermandoci sui puri contenuti sonori.
In questo senso i Future Of The Left si rivelano maestri nell’assimilare più di tre decenni di punk e suoi derivati. La chitarra di Andy occhieggia al noise – rock, stemperato però da una buona dose di chorus da cantare a squarciagola in sede live: in questo senso “Arming Eritrea” fuga ogni dubbio sin dall’inizio. C’è poi una componente più sotterranea, quella che si lega maggiorente alla new wave tout court, intuibile soprattutto nei ritmi nervosi e nelle linee vocali di “Throwing Bricks At Trains” e di “Drink Nike”. Ovviamente la tradizione inglese è privilegiata: per tutto “Travels…” le presenze di Gang Of Four, Pop Group, Wire e Fall si fanno sentire, se non in senso stretto, quantomeno per l’attitudine di Falkous e soci; le pennellate di elettronica, il cantato e il ritmo sghembo di “You Need Satan More Than He Needs You” (complimenti per il titolo) lo chiarificano una volta per tutte. Non ci si fa mancare nulla, comunque: c’è spazio anche per puntate in territori garage, come attesta “Stand By Your Manatee”.
Non ci si può proprio lamentare di un album così, in grado di fondere diverse influenze con mano precisa e sicura, e capace di offrire più livelli di ascolto: da quello istintivo e ‘spensierato’ a quello più consapevole. Non sappiamo quale futuro avrà la sinistra; sicuramente quello del trio britannico pare essere molto promettente.
Stefano Masnaghetti