[Rock] Alberta Cross – Broken Side Of Time (2009)
Song 3Three Blues – ATX – Taking Control – Old Man Chicago – Broken Side Of Time – Rise From The Shadows – City Walls – The Thief & The Heartbreaker – Leave Us And Forgive Us – Ghost Of City Life
www.albertacross.net
www.arkrecordings.com
Iniziando dalle formalità: gli Alberta Cross sono un quintetto fondato dallo svedese Petter Ericson Stakee (voce e chitarra) e dall’inglese Terry Wolfers (basso). Dopo aver autoprodotto nel 2007 “The Thief & The Heartbreaker”, loro mini – album di debutto, hanno speso molto tempo in tour supportando gruppi come Simian Mobile Disco, Bat For Lashes, The Shins, fino ad aprire per gli Oasis durante la loro tournée britannica del 2008. Nonostante l’origine europea dei due leader, oggi la band vive e lavora a New York.
E, in effetti, la loro musica di europeo non ha quasi nulla, eccezion fatta per alcune piccole suggestioni mutuate dai Verve (passione adolescenziale di Terry). Neppure i gruppi con i quali gli Alberta Cross hanno suonato in passato possono servire da indizio per comprendere il loro sound. No, qui abbiamo a che fare con un complesso che suona più americano degli americani stessi. Tanto che, senza leggere e saper nulla, li avrei immaginati confederati.
In “Broken Side Of Time” si susseguono dieci pezzi intrisi di folk, di blues e di umori sudisti. Robusto rock devoto alla tradizione, cresciuto sulle ginocchia di nobili padri quali Neil Young, Bob Dylan, The Band (“Old Man Chicago” potrebbe ben figurare nello storico “Music From Big Pink”). Però i Nostri sanno anche essere personali, riconoscibili, con un tocco ‘moderno’. Quando c’è bisogno di alzare il volume non ci si tira indietro, non si ha timore di sfruttare pure fascinazioni ‘caveane’ (non a caso Nick Cave era uno degli ascolti più frequenti di Stakee durante la scrittura del disco, assieme a Leonard Cohen). Diviso fra epica chitarristica e intimismo rurale, abbellito da un oculato e parsimonioso uso dell’hammond e dalla splendida voce dello scandinavo, “Broken Side Of Time” è disco intenso, dai risvolti persino drammatici. Paragonandolo al predecessore, lo stesso Petter mette in chiaro questa sua natura noir e urbana, dovuta al suo esser stato concepito fra le ombre di Manhattan: “E’ una sorta di album della disperazione, più cupo e arrabbiato rispetto al nostro mini; ci trovavamo in un posto folle durante la sua composizione, e ascoltandolo puoi capire tutto questo”. Verissimo: “Rise From The Shadows”, “Ghost Of City Life” e “City Walls” lo dimostrano ampiamente.
Senza essere un capolavoro, “Broken Side Of Time” riconcilia con il ‘classic rock’ e smentisce, per l’ennesima volta, tutti coloro che considerano questo tipo di musica già preda degli avvoltoi. Un ottimo inizio per una band che in futuro potrebbe davvero far grandi cose.
Stefano Masnaghetti