[Folk] William Fitzsimmons – The Sparrow And The Crow (2009)
After Afterall – I Don’t Feel It Anymore (Song Of The Sparrow) – We Feel Alone – If You Would Come Back Home – Please Forgive Me (Song Of The Crow) – Further From You – Just Not Each Other – Even Now – You Still Hurt Me – They’ll Never Take The Good Years – Find Me To Forgive – Goodmorning
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William Fitzsimmons è un ragazzo barbuto e occhialuto figlio di due non vedenti: loro, per andare oltre la voce, lo hanno circondato fin da piccolo di strumenti musicali, richiami per uccelli e persino un organo a canne costruito dal padre, lui, grato, ha imparato a padroneggiarli tutti, spostando il piano della comunicazione dove le parole servono di meno, la vista non serve affatto e le cose si sentono, e basta.
Pare che sia stata la madre ad avvicinarlo a James Taylor, Joni Mitchell e Bob Dylan, e che lui si sia innamorato delle chitarre acustiche e delle atmosfere del folk più intimista senza mai però farsi sfiorare dall’idea di fare il musicista, fino all’arrivo di un’estate in cui ha registrato un album intero in casa sua, da solo, durante le vacanze dal suo lavoro di counselor. Un album incentrato sul divorzio dei suoi genitori, per sua stessa ammissione.
Siamo arrivati al terzo album, nel frattempo, e William Fitzsimmons continua a cantare della vita più vera, autobiografica ed intima, solo che adesso il divorzio è il suo, e The Sparrow And The Crow è una seduta da uno psicologo, un diario intimo di riflessioni che ricostruiscono il lento processo di accettazione della fine di un amore, con We Feel Alone come ponte ideale e narrativo fra l’esperienza del William bambino e quella del William adulto.
Fitzsimmons implora il perdono in Please Forgive Me (Song Of The Crow), ammette le sue debolezze in Even Now (ti amo ancora, anche adesso, e spero che tu stia bene), ci racconta la fine con la cronaca precisa e quasi voyeuristica, per noi, di You Still Hurt Me, accostata con molta ironia ad un giro saltellante di banjo e a dei coretti quasi twee pop, e prende finalmente coscienza in Goodmorning e Just Not each Other del fatto che la fine di un amore non è, necessariamente, la fine dell’amore: “ci sarà ancora amore per noi, ma non fra noi/buongiorno, troverai un nuovo amore”
L’abilità compositiva è innegabile, ed ancora di più il lavoro di cesello operato sia sui pezzi che sui suoni. I debiti sono chiari, nei confronti di Nick Drake, dell’ultimo Elliot Smith e nei pezzi più orchestrati anche di Sufjan Stevens, è un album che scorre, può essere un’ottima colonna sonora per una mattina un po’ triste d’autunno, ma è veramente troppo, troppo intimo e personale e troppo piatto, per prenderci davvero e conquistarci doveva fare un po’ di più.
Francesca Stella Riva