Ronald Lippok, dei Tarwater, To Rococo Rot e Whitetree, e Alberto Fabris, collaboratore di vari gruppi pop-rock (Pacifico e Masculine/Feminine, Blonde Redhead) si sono incontrati durante un tour tedesco di Ludovico Einaudi, a cui hanno lavorato entrambi. Ed è scoppiata la scintilla artistica. Hanno così avviato un nuovo progetto con un nome che ricorda il Dakota Building dove alloggiò e fuori dal quale venne assassinato John Lennon.
I due, rinchiusi nella casa di Fabris a Varese, hanno concepito l’eponimo album di debutto. Le influenze diverse hanno fatto il resto.
Sono venute fuori dodici canzoni eterogenee. Si sente l’impronta indie-tronica di casa tedesca dei gruppi d’origine di Lippok, si passa al pop da camera, si transita per le lande di un Lou Reed post Velvet Underground, si finisce nella new wave e nel post punk. Ci sono anche lo stravolgimento di “Slow” di Kylie Minouge e la ripresa di “Love Boat”, mitica serie tv.
Si respira un’atmosfera intima e spontanea e l’ascoltatore può godere di brani eleganti e ipnotici. Un disco piacevole senza strappi e particolari voli pindarici.
Luca Freddi