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Nonostante più di dieci anni di carriera e cinque album in studio, i Clinic sono tuttora un gruppo di nicchia; in quest’ultima, che poi sarebbe genericamente l’indie rock, sicuramente rispettati e riveriti, tant’è vero che alcune loro intuizioni sono state sfruttate da band ben più famose. Eppure ai britannici è sempre mancata la capacità di sfondare e raggiungere un pubblico più vasto, capacità che tuttavia sarebbe potuta esser nelle loro corde.
Eppure così non è stato, ed è, infine, persino facile capirne il motivo. La loro musica, strano ibrido fra il post – punk e chiare reminiscenze di soffice psichedelia inglese dei tardi anni Sessanta, non si è mai distinta per chiarezza ed orecchiabilità. Troppo fragile ed esile per comunicare in modo netto e distinto, somigliante più a un tortuoso andirivieni di temi e situazioni eterogenee piuttosto che a qualcosa di compiuto.
“Bubblegum”, loro sesto disco, non ne cambierà sicuramente le sorti future. Le 13 composizioni dalle quali è costituito si segnalano per una più palese ricerca di atmosfere pop, con le consuete tastiere analogiche a segnarne il passo. Le suggestioni psichedeliche si fanno più marcate: in molti brani si accavallano ricordi di Pink Floyd (ma quelli della breve miniatura acid – pop, non quelli progressivi e magniloquenti), Tomorrow, Blossom Toes e persino Beatles (d’altronde i Clinic ne condividono la città natale, Liverpool); è il caso della tenera “Baby”, o della strumentale “Un Astronauta En Cielo”, che paga dazio a qualche spagnoleria di troppo ma finisce per adagiarsi in sibili ‘spaziali’ e fioriture d’organo, gli accordi del quale rendono ancor più delicata l’atmosfera di “Milk And Honey”, fra le tracce migliori. Di realmente post – punk è rimasto poco, e l’aggressività delle chitarre è principalmente confinata in “Lion Tamer”. Il resto del lavoro oscilla fra schizzi acid – folk (Another Way Of Giving) e rimasugli blues (Forever), sempre trattati con più gentilezza possibile. Non convince lo spoken – word di “Radiostory” e neppure colpiscono nel segno gli archi del singolo “I’m Aware”, l’incipit del quale par citare la celeberrima “Je t’aime…moi non plus” di Gainsbourg, ma si tratta d’impressione fuggevole.
Un cd nella media delle loro uscite, quindi. Certamente non brutto, meno che mai memorabile. I Clinic legano assieme un po’ di questo un po’ di quello, lo fanno con modi aggraziati e stilisticamente appropriati, ma in “Bubblegum” di realmente interessante c’è davvero poco. Solo per fan, i quali comunque gradiranno sicuramente.
Stefano Masnaghetti