Aria di cambiamenti in casa Mars Volta. Dopo una pausa durata diversi anni (che ha dato modo a Rodriguez-Lòpez & co. di portare avanti i loro progetti paralleli), tornano sulle scene musicali con un nuovo album di studio, intitolato Noctourniquet. Ed è proprio il cambiamento, il continuo mutare, che si fa portavoce della nuova fatica della band texana: dall’assetto del gruppo, tra via vai di componenti (ma questa non è neanche una gran novità), alla ricerca di nuove frontiere espressive (più melodiche rispetto al passato), per finire in uno dei leitmotive del disco (dal momento che si parla di un concept-album), ovvero del mito di Giacinto, trattato (non a caso) nelle Metamorfosi di Ovidio.
Il tutto fa di questo lavoro un’opera di transizione (lo stesso Rodriguez-Lòpez l’ha definito “la fine di un’era”), e come tutte le opere che si possono definire tali, porta con sé sconvolgimenti anche tra le file dei fan. Non che i Mars Volta dopo una ormai decennale carriera abbiano improvvisamente deciso di troncare nettamente col passato, e meglio mettere subito dei paletti: qui ci troviamo di fronte ad una complessa opera progressive rock che, accompagnata da un intensivo corredo elettronico, spazia (come vuole l’eclettismo della band) dal metalcore psichedelico di Dyslexicon, al jazz rock di The malkin jewel (condotto dal cantato/recitato di Cedric Bixler-Zavala), fino a sfociare in uno pseudo-pop alla Radiohead in brani come Aegis e la title-track, Noctourniquet.
E con ogni probabilità sarà proprio quest’ultimo aspetto a scatenare le critiche più vistose da parte dei cosiddetti “puristi”. In definitiva, un buon lavoro per la band americana, che nel segno del mutamento ha trovato una salda base di rilancio (dopo il passato non proprio luminoso di Octahedron), e che permette di aprire con più serenità le porte per la loro nuova era.
Andrea Suverato
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