“First Serve” è un bel problema. Perché è uno di quegli album che tira fuori il peggio di te, nostalgico dell’hip hop vecchia scuola. Che dopo l’ascolto ti fa rimpiangere il rap di una volta e ti fa dire cose del tipo: “Eh, ai miei tempi sì che gli mc spaccavano sul serio“. Che ti fa incazzare perché oggi i rapper “parlano solo di figa e di pistole“, mentre questo bizzarro progetto dei De La Soul fa molto di più, ti racconta una storia. Ma non è solo questo, perché non è neanche uno di quei dischi che sembrano presi di peso da vent’anni prima e riproposti fuori tempo massimo. “First Serve” è pura attitudine hip hop vecchia scuola, insaporita di groove retrò ma filtrata attraverso un gusto contemporaneo. Del resto, non è un caso se il terzetto è stato scelto più volte da Damon Albarn come special guest negli album dei suoi Gorillaz.
Ma cerchiamo di fare un po’ di chiarezza: chi sono i First Serve e che cosa c’entrano i De La Soul? Bene, i First Serve sono due terzi dei De La Soul, uno dei gruppi hip hop più influenti degli ultimi vent’anni, sebbene non sempre premiato a livello commerciale, ovvero Dave e Pos. La coppia si è messa in testa di confezionare un concept album, per raccontare la storia di due giovani, appassionati mc – i loro alias Jacob Barrow e Deen Whitter – che dal loro scantinato si danno da fare per raggiungere il successo. E già questo basterebbe a rendere “First Serve” un progetto interessante. Ma il punto è che, da “Pushin’ Aside, Pushin’ Along” fino a “Move ‘em In, Move ‘em Out“, le tracce che compongono il disco sono tante piccole dimostrazioni di come si fa del sano rap. I due De La Soul si trovano a proprio agio sia nei brani più rilassati, sia in quelli più incalzanti, adagiando le loro strofe tecnicamente impeccabili su campionamenti originali e giocosi. E nemmeno l’incursione nei meandri della disco nel singolo “Must B the Music” risulta fuori luogo. Un unico, minuscolo neo in tutto questo “rapper’s delight“? Gli skit forse eccessivi, che se all’inizio sono anche divertenti, alla lunga diventano un po’ noiosi.
Marco Agustoni
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