Il Maniscalco Maldestro Ogni Cosa Al Suo Posto

Il Maniscalco Maldestro Ogni Cosa Al Suo Posto Recensione

A volte succede di reincontrare qualcuno, per caso. Un qualcuno con cui un tempo c’era un legame forte. Succede di passarci di nuovo tempo con quel qualcuno. Di raccontarsi i reciproci vissuti per capire chi e cosa si è diventati nel frattempo. E succede che mentre tu hai un bagaglio di esperienze e cose fatte da raccontare, l’altro soggetto è rimasto lì. Fermo. Un adolescente in un corpo trentenne.

Questo non succederà se il vostro amico è il Maniscalco Maldestro. Dopo 3 anni da “Panna Polvere e Vertigine” e dopo aver rimescolato metà della formazione, la band di Volterra è cresciuta. E quando si cresce non è che si cambia, ci si “amplia”, si iniziano a vedere le cose sotto prospettive diverse, gli orizzonti si allargano e si riesce a imparare qualcosa dagli errori del passato.

Ogni Cosa Al Suo Posto” è carichissimo di groove, meno irruento e schizzato di quanto ci si aspetterebbe, molto meno “anni zero”, assai acido, assai sperimentale, un po’ elettronico e, è bene ripeterlo, bello groovoso. Premettendo che l’unico termine di paragone per il Maniscalco sia da sempre il Maniscalco stesso (e se questo vi sembra poco…), sappiate che questo disco vi farà pensare a Primus e Led Zeppelin che giocano con l’elettro-rock e il cantautorato. Anche a livello lirico il Maniscalco di oggi è meno autoreferenziale e surreale del passato, sembra quasi abbia iniziato a guardare il mondo fuori dalla finestra. In definitiva, meno disordine e meno irruenza, più classe e più sorprese.

Non ci credete? Ascoltatevi la title track, un inizio al clavinet, accenni di drum’n’bass, spruzzi di acidità e pause psichedeliche e poi cresce, cresce e cresce fino all’esplosione rocchenrol. Provare per credere.

Questa nuova veste è migliore o peggiore della precedente? Domadna inutile, se avete nostalgia prendetevi i dischi vecchi che nessuno ve li porta via e poi ognuno è libero di fare le sue classifiche. Per chi scrive, si tratta di un grandissimo disco (esattamente come i precedenti) e già il solo fatto di essere “diverso” lo rende meritorio di acquisto. In un ambiente dove, trovata la formula, viene facile sedersi sugli allori suonando sempre lo stesso disco, il Maniscalco Maldestro prosegue imperterrito per il suo percorso artistico, giocando e cambiandosi d’abito con coraggio e il solito sorriso mascalzone di chi se ne frega di te. Tanto di cappello e grazie di esistere.

Stefano Di Noi

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