Misanthrope – Scarab – Unhealer – Emancipation – Malediction – Alchemist – Elevator – Threnody – Monolith
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Il secondo disco solista di Ihsahn prende le mosse dal precedente “The Adversary” e ne perfeziona stile e mezzi espressivi: il risultato va oltre le più rosee aspettative, tanto che “angL” può tranquillamente essere annoverato tra i lavori più interessanti dell’anno in corso.
Le fonti d’ispirazione sono sempre le stesse: gli ultimi Arcturus con le loro suggestioni barocche e progressive, certo gothic proveniente direttamente dai Peccatum (il gruppo che Ihsahn ha creato insieme a sua moglie Ihriel), oltre naturalmente al sinfonismo estremo degli Emperor, segnatamente quelli di “Prometheus”. Ma ciò che riesce ad elevare “angL” al di sopra del suo predecessore, e a non farne un’opera posticcia e assemblata in modo disomogeneo, è in primo luogo la capacità di Ihsahn di assimilare e far proprie tutte le influenze sopraccitate, organizzando un trait d’union tra i nove pezzi che compongono l’album. Così sin dall’opener “Misanthrope” la perfetta fusione tra l’aggressività dei riff di chitarra, le aperture tastieristiche e lo scream di Ihsahn rappresenterà il tratto distintivo dell’intero platter, che si snoda tra momenti ora tempestosi ora quieti e lirici: questo gioco tra tensione e distensione si nota soprattutto in “Unhealer”, pezzo nel quale viene ospitato il growl di Akerfeldt, e che mostra anche la grande perizia nelle clean vocals ormai raggiunta da Ihsahn. Menzione d’onore anche per il tandem ritmico formato da due membri degli Spiral Architect, che per l’occasione ripongono le loro velleità tecnico – cervellotiche e offrono la loro abilità strumentale per incrementare ulteriormente la potenza drammatica del disco.
Se la carriera personale dell’ex Emperor era iniziata con una prova sì buona, ma tutto sommato ancora timida ed esitante, tanto che era lecito nutrire dubbi sulla prosecuzione dell’avventura, allora “angL” ha il compito di fugare ogni riserva riguardo alle enormi capacità artistiche del Norvegese, il quale ormai ha maturato uno stile robusto e personale, in grado di non far rimpiangere troppo i capolavori che scrisse con la sua storica e leggendaria band.
S.M.