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Questo secondo album dei Thronar appartiene alla categoria di quelle opere che si situano in un crinale pericoloso: a seconda di come le si guardi, esse possono apparire o lavori interessanti, compositi e ricchi di spunti, oppure minestroni assemblati in modo approssimativo ed eccessivamente amatoriale.
In “Unleash The Fire” si trova un po’ di tutto: sfuriate in blast beat che accompagnano un possente cantato in growl, tappeti di synth utilizzati sia per simulare fanfare belliche sia per tratteggiare ariose melodie folk, inni corali piazzati in quasi tutti i ritornelli delle nove canzoni che vanno a comporre il disco, frequenti cambi di tempo. Il sestetto Olandese ha deciso di battezzare il proprio stile “battle metal”, e tutto sommato la definizione pare piuttosto appropriata: i testi trattano esclusivamente di antiche battaglie, saghe fantasy e via discorrendo; la musica cerca di adattarsi il più possibile ai riferimenti lirici. Durante l’ascolto del platter, i miei pensieri sono andati quasi immediatamente a due band, che possono ben dirsi i principali numi tutelari dei Thronar: ossia i Bal – Sagoth, per le parti più cariche e violente, e i Turisas, quando l’atmosfera si ammanta maggiormente di epicità e quando fanno capolino gl’inserti folkeggianti (anche l’uso delle tastiere, in alcuni frangenti, è molto simile).
Sul fatto che stile ed influenze sopraccitate siano perfettamente lecite, non c’è ovviamente da discutere. Il problema è quando ti accorgi che sono presenti troppe sbavature a livello produttivo e che vi sono anche macroscopiche carenze tecniche, le quali sono in grado di affossare un disco che altrimenti potrebbe risultare più che dignitoso. In primo luogo i Nostri non sono in grado di tenere il passo quando i tempi si fanno troppo rapidi, anche a causa di parti di batteria eccessivamente caotiche e imprecise: gli up tempo di pezzi come “Shield To Shield” e “To Ride, Kill And Harvest” ne sono precisa testimonianza. A peggiorare le cose ci si mette anche la produzione, tra lo sfocato e l’impastato.
Probabilmente gli aspetti dei Thronar che si salvano maggiormente sono proprio le perorazioni più roboanti e le melodie eseguite alla tastiera da Nathalia Hoogkamer: soprattutto queste ultime, benché spesso rincorrano facili stereotipi fin troppo di maniera, sono le parti che s’imprimono maggiormente nella memoria. In futuro la loro carta vincente potrebbe proprio essere questa: aumentare la componente folk delle composizioni, aggiungendo magari dei veri strumenti acustici, in grado di donare maggiore autenticità al tutto.
Per adesso il gruppo è ancora troppo incerto e poco rodato per poter comporre qualcosa di realmente convincente e personale.
Stefano Masnaghetti