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Il desiderio di crescita artistica e la continua ricerca di una propria identità musicale da parte di Tobias Sammet sembrano proprio non trovare pace: dopo una prima età nella quale la band si è affermata al grande pubblico grazie alle sue piacevoli sonorità power, il quintetto capitanato dal biondo singer ha intrapreso un lungo e sperimentale viaggio musicale che, dopo l’approccio a sonorità più marcatamente Heavy Metal di “Hellfire Club” e le divagazioni in ambito Hard Rock dell’ultimo capitolo targato Avantasia, li fa approdare ad un punto di equilibrio tra i due generi.
Li aspetti musicali sopra citati fanno così da sfondo al nuovo “Tinnitus Sanctus” che racchiude al suo interno tutte le sfaccettature Hard & Heavy che fecero grande il genere oltre vent’anni fa. Chiaramente per cambiare faccia ci vogliono strumenti nuovi ed è così che oltre ad una produzione ad hoc anche la voce camaleontica di Tobias diviene, per buona parte del platter, molto roca e profonda per poi esplodere solo nei rari ritornelli in cui la metodicità tipica degli Edguy è ben presente.
Se le premesse sembrano interessanti, purtroppo lo sviluppo del tema non è all’altezza: tolto il singolo “Ministry of Saints” che gode di uno dei più bei ritornelli mai proposti dalla band di Fulda e la convincente semi – ballad “Thorn Without a Rose” si trova ben poca sostanza all’interno delle undici tracce del disco e non bastano la contagiosa allegria di “The Pride of Creation” o il “demential country sound” della bonus track a ad elevare la qualità musicale proposta.
Seppur il disco sia suonato in maniera egregia e, cosa molto importante, approcciato nel migliore dei modi, il vero rammarico legato a “Tinnitus Sanctus” consiste nel fatto che la band, almeno negli episodi migliori, dimostra di non trovarsi troppo a suo agio in questa nuova veste musicale.
Il mio consiglio non che può essere, quindi, quello di ascoltare “Tinnitus Sanctus” senza aspettarsi un capolavoro, ma considerandolo semplicemente un nuovo ed interessante punto di partenza nella discografia degli Edguy.
Marco Ferrari