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Nel modesto panorama hardcore di oggidì serviva davvero un supergruppo del calibro dei Narrows, e per la Deathwish può essere motivo di vanto annoverare nel proprio roster una simile compagine. L’agguerrito quintetto angloamericano – fra i suoi componenti figurano musicisti provenienti da Botch, These Arms Are Snakes, Unbroken e chi più ne ha più ne metta – si fa beffe del metalcore tutto uguale che imperversa da qualche anno a questa parte, e preferisce un approccio più colto e personale alla materia. Senza però risultare presuntuoso e insulsamente cerebrale, perché i Nostri sanno perfettamente come trattare certe sonorità giungendo subito al punto.
Così “New Distances”, primo full – length della band, in soli 31 minuti è in grado di condensare un hardcore muscolare che però non rinuncia alla ricerca sonora e all’ibridazione fra molteplici stili differenti: il noise rock e l’hardcore old school sono ben presenti e riconoscibili nelle distorsioni e nella veemenza di “Chambered” e “I Give You Six Months”, ma c’è anche molto altro. C’è il mathcore di Botch e Coalesce, i cupi paesaggi post punk della strumentale “A Restoration Effort”, e soprattutto la voglia di uscire dagli schemi che era propria di grandi realtà postcore quali Breach e Refused (e in “The Fourragere” fanno capolino persino i Neurosis). Ma non basta: nei nove pezzi di “New Distances” è ben rappresentata anche la furia catastrofica dei migliori Converge e alcuni scampoli di bizzarrie di marca quasi pattoniana (cfr. la coda ambientale di “I Give You Six Months”). La voce di Verellen è al suo meglio, per la gioia di tutti i fan dei Botch; le chitarre di Cox e Frederiksen sono ispirate nello sfregiare le ritmiche possenti e squadrate costruite dal basso di Moran e dalla batteria di Stothers; il tasso di adrenalina rimane sempre ai livelli di guardia per tutta la durata del disco.
Non si tratta di un platter foriero di sconvolgimenti epocali, ma la sensazione di essere tornati a una decina d’anni fa, quando il mondo hardcore si trovava nel bel mezzo di rivoluzioni che parevano poter giungere a lambire nuovi universi (mentre sappiamo tutti com’è finita), è forte. La speranza è che i Narrows continuino su questa strada e che vengano seguiti da molti altri musicisti a venire.
Stefano Masnaghetti