http://www.k2burn.com/
http://www.napalmrecords.com/
Ricordavo la Napalm Records etichetta dedita ai suoni cupi e lancinanti del black metal (Abigor, Summoning), con frequentissime escursioni verso i lidi decadenti e manieristici del gothic (Tristania, Dismal Euphony). Mai mi sarei aspettato che il ritorno al disco da parte dei ‘desertici’ Karma To Burn avvenisse proprio grazie a questa label. Poco male. Anzi, lode alla Napalm per aver dato un’ulteriore opportunità a una band sin troppo sottovalutata, che se solo avesse deciso di inserire un cantante nella propria formazione – presente solo nel debutto – avrebbe sicuramente riscosso maggior successo.
Dopo nove anni di assenza discografica – l’ultimo album, “Almost Heathen”, data 2001 – ritorna quindi il trio composto da William Mecum (chitarra), Rich Mullins (basso) e Rob Oswald (batteria). In realtà è già da un anno che i Nostri stanno recuperando il tempo perduto on stage, suonando in ogni dove sia in America sia in Europa. Ma questo disco, quarto della loro carriera, ufficializza ulteriormente il loro ritorno alla piena attività artistica.
I pochi che già li conoscono e apprezzano non troveranno grosse novità su “Appalachian Incantation”. A cominciare dai titoli delle composizioni, quasi tutti rigorosamente numerici e in ordine casuale, per finire con la musica, che è la cosa che qui più c’interessa. Calda, intensa, analogica, valvolare, ricca di groove. Uno stoner rock nerboruto e dalle leggere inflessioni metal, mai statico e ripetitivo bensì ricco di cambi di tempo e scossoni ritmici, che dimostra di aver assimilato appieno la lezione dei mostri sacri del genere, dai Kyuss ai Monster Magnet ai Blue Cheer (nel loro caso contano più dei Black Sabbath) per finire con i Nebula, complesso in cui ha militato lo stesso Oswald. Nulla di nuovo, ovviamente, né qualcosa che si segnala per particolare eccellenza creativa. Solo un buon cd, in perfetta linea con i predecessori “Wild Wonderful Purgatory” e il già citato “Almost Heathen”, in grado di rallegrare una festa dall’altro tasso alcolico. In ogni caso una deroga alla formula numerico – strumentale c’è: si tratta della quinta traccia, unica ad avere un titolo convenzionale (Waiting On The Western World) e a poter godere di un intervento vocale; quello di Daniel Davies, singer degli amici Year Long Disaster, il quale offre una buona prova canora in brano fortissimamente kyussiano.
Poco altro d’aggiungere. Il basso saturo, la chitarra distorta e la batteria incalzante faranno la gioia di tutti quanti gli estimatori delle sonorità bollenti del desert rock di stampo Nineties, anche se si percepisce che la dimensione ideale per i Karma To Burn sia quella live. “Appalachian Incantation” è comunque un ritorno all’altezza del loro passato, ed è persino consigliabile averlo in edizione limitata, se non altro perché, fra i vari inediti che compongono il bonus cd, è presente anche “Two Times”, canzone in cui compare l’ugola inimitabile di John Garcia.
Stefano Masnaghetti