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Diventati uno dei punti di riferimento della scena metal americana contemporanea, gli Avenged Sevenfold ritornano nei negozi con “Nightmare”, quinto studio album postumo alla scomparsa del batterista della band The Rev.
Questo avvenimento ha sicuramente segnato gli A7X nel profondo e il mood generale del nuovo lavoro è effettivamente oscuro e malinconico specialmente nei momenti più posati. È presente anche un’abbondante carica d’odio e di aggressività che si manifesta contrariamente nei passaggi più veloci. Le parti di batteria sono state eseguite da Mike Portnoy, la produzione di “Nightmare” è stata curata da Mike Elizondo e risulta estremamente versatile nell’essere dirompente o discreta a seconda del momento affrontato.
Un cd molto lungo, si supera l’ora, che divide in maniera sostanzialmente perfetta i pezzi pesanti e ritmati a quelli più riflessivi e lenti: gli Avenged Sevenfold esplorano tutte le proprie capacità compositivo-esecutive, cercando un equilibrio tra quanto proposto sull’ottimo “City Of Evil” e sul poco brillante omonimo datato 2007. Se la prima parte di disco scorre piacevole, mettendo in evidenza soprattutto “Welcome To The Family”, “Buried Alive” e “Natural Born Killer”, la seconda è ben più pesante da digerire: “Victim” è un buon pezzo, ma il resto risulta estremamente anonimo e nemmeno la schizzata e rabbiosa “God Hates Us” rialza le quotazioni di “Nightmare”. L’ambiziosa “Save Me” arriva troppo tardi, anche se il crescendo della traccia fa sì che nel suo complesso l’album raggiunga per lo meno la sufficienza.
Un passo in avanti rispetto al predecessore ma una distanza che risulta ancora ampia da colmare rispetto al cd simbolo del 2005. Ciò non toglie che la band raccoglierà consensi presso un pubblico giovane sempre più ampio e dovrà dimostrare on stage di essere in salute nonostante la tremenda, anche ovviamente a livello umano oltre che artistico, perdita di The Rev Jimmy Sullivan.