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Possono piacere o meno, ma i britannici Bring Me The Horizon hanno il pregio (e difetto) di far discutere a prescindere. E anche “There Is A Hell, Believe Me I’ve Seen It. There Is A Heaven, Let’s Keep It A Secret” non romperà la tradizione. Ma una cosa è sicura: da “Count your blessings”, e i pietosi live del tour di supporto, a questo ultimo disco sembrano passati decenni e non solamente una manciata di anni.
“There is..” continua il discorso del precedente “Suicide Season”, con la differenza che la mano del nuovo ingresso Jona Weinhofen (ex I Killed The Prom Queen e Bleeding Through) si fa sentire pesantemente: proprio dalla sua testa verrà fuori quello che è, ad oggi, il disco più studiato dal punto di vista chitarristico e strumentale di Oli Sykes e soci. Punti di forza di questa nuova release sono degli arrangiamenti curati, sfociati in pezzi più lunghi della media, e la combinazione di elettronica, voci femminili e archi come parte integrante del tutto, per un sound che non è derivativo, come è successo invece nei precedenti due dischi. Non a caso, la opener “Crucify Me”, uno dei brani più lunghi composti dalla band, ricopre il ruolo di Bignami di “There is..”, racchiudendo in poco più di sei minuti tutte le atmosfere che si respireranno nei 52 minuti totali.
Ma non solo innovazione: molti infatti i richiami al passato. La prima metà di “Fuck” (con John Franceschi degli You Me At Six), “Alligator Blood” e la conclusiva “The Fox And The Wolf” sembrano brani provenienti dalle registrazioni di “Count Your Blessings” e “Suicide Season”. Ma i veri episodi interessanti sono quelli più innovativi e spiazzanti, nei quali sentiamo quei Bring Me The Horizon che non ci saremmo mai aspettati. Come, ad esempio, nella decadente “Don’t Go”, arricchita da violini e una voce femminile azzeccata, e nell’accoppiata “Memorial” e “Blessed With A Curse”, una suite di 8 minuti dalle atmosfere dilatate e sulfuree spezzate da un break post-hardcore a metà del secondo pezzo.
Il disco della svolta per i Bring Me The Horizon? Sarebbe più giusto parlare di conferma, visto che i Nostri sono esplosi con il disco precedente. Di sicuro, con questo “There is..” salta fuori una maturità compositiva mai vista finora che, aggiunta a delle performance live finamente convincenti, consacra gli inglesi come band simbolo commerciale di un intero filone.
Nicola Lucchetta