Nel tempo della primavera e della voglia di mega concerti all’aperto, con l’aria bagnata di una Milano investita da una perturbazione dal sapore britannico, i Marta Sui Tubi scelgono una location decisamente insolita per il loro nuovo spettacolo, Arte Sui Tubi.
La fondazione Arnaldo Pomodoro presta i suoi spazi all’esibizione del gruppo siciliano, il quale si presenta con un’organizzazione on stage decisamente insolita. Già di per sé l’ampio spazio caratterizzante la fondazione non è acusticamente adatto a un’esibizione di live music, per di più il quintetto sceglie di dislocarsi sul palco, che non c’è, in modo decisamente fantasioso, i primi tre elementi al piano terra, Carmelo Pipitone, Giovanni Gulino e Mattia Boschi, mentre al primo piano, su un rialzo che dà sul pubblico, Ivan Paolini e Paolo Pischedda.
L’atmosfera è visivamente percepibile, oltre che emotivamente tangibile, in quanto tutto lo show si colloca tra le installazioni, in loco presenti, di artisti esponenti nel contesto della mostra A.R.S. Per di più l’auditorium, anch’esso materialmente inesistente, trova la sua naturale collocazione in faccia e tutt’intorno ai tre membri del gruppo che si trovano on the floor, creando una cornice umana allo spettacolo. Lo stesso Gulino non si trattiene dall’intraprendere passeggiate coinvolgenti tra il pubblico nel tentativo ultimo di annullare definitivamente qualsiasi tipo di barriera tra chi ascolta, assorto, seduto a gambe incrociate e i musicanti.
Il pubblico fa parte dello spettacolo, e come nella cerimonia domenicale della cristianità, viene ripetutamente invitato ad alzarsi o risedersi, in concomitanza con momenti più o meno solenni della celebrazione musicale, fino a che, durante l’esecuzione dell’ultimo brano, viene raccolto e pigiato, con effetto visivo evocativo della Mattanza, tra le corde che erano state poste a delimitazione dello spazio riservato al pubblico.
Lo show non è soltanto prerogativa della musica, ma viene alternato a rappresentazioni teatrali del Beckettiano “Aspettando Godot”, che suscita il sorriso e il plauso dell’attento pubblico meneghino, in verità sempre più raro, e un’esibizione canora-danzante artatamente mascherata a improvvisazione da “bello della diretta”, con tanto di strappo del microfono da parte della cantante e invocazione, fittizia, di aiuto a un tour manager evidentemente connivente.
In due ore di musica i Marta presentano le quattro tracce inedite che andranno a comporre il quarto album in uscita e ripresentano pezzi che da un po’ di tempo non eseguivano in pubblico, come “Cenere” o “Cinestetica”.
In tutto questo insieme di input artistici, l’effetto sonoro viene inevitabilmente sacrificato, e a tratti è difficile distinguere le parole o le esecuzioni dei singoli elementi. Tuttavia di fronte a cotanta inventiva e contaminazione siamo anche disposti a cedere una piccola parte del nostro senso acustico, arretrando pretese estetiche che in questo frangente possono anche essere messe in secondo piano. Il messaggio arriva comunque, il patos è vibrante e dunque il compito dell’artista è soddisfatto.
Setlist: Non Lo Sanno, Cinestetica, Arco e Sandali, L’Unica Cosa, La Spesa, Lauto Ritratto, Muscoli e Dei, Volè, Post, 31 Lune, L’Abbandono, One Of These Things Firts’ (cover Nick Drake), La Cura (cover Franco Battiato)
Francesco Casati