Intervista a Carlo De Toni dei Rhumornero

Il percorso dei Rhumornero pareva aver subito un brutto stop all’indomani di quello che sembrava poter essere l’evento da raccontare ai nipoti: un trionfale concerto in compagnia degli idoli Deep Purple. Tutto sembrava sorridere alla band, ma come spesso accade, con le pressioni i rapporti si complicano terribilmente e si rischia di capitolare…Ora che le cose sono tornate ad andare a gonfie vele e che Il Cimitero Dei Semplici li ha riportati sulla bocca di critica e pubblico, Carlo De Toni è ben felice di raccontarci un po’ gli ultimi mesi della band…

Uno dei luoghi comuni più duraturi in ambito musicali è quello secondo cui il secondo album sia sempre il più complicato…Direi che nel vostro caso il luogo comune si sia avvicinato pericolosamente alla realtà dei fatti…
Nel nostro caso ti do proprio ragione…Ti posso dire che la scrittura e la realizzazione de “il cimitero dei semplici” è stato un viaggio molto profondo complicato e liberatorio, abbiamo affrontato tematiche forti e curato le musiche con passione e devozione peccando quasi di superbia nel sentirci soddisfatti a pieno in tutti i suoi ascolti.

Dopo la naturale maturazione artistica evidenziata con il secondo disco (sia dal punto di vista delle liriche che delle sonorità), cosa dobbiamo aspettarci per il futuro?
Un terzo disco con la sua crescita personale e artistica.

Avete già dei pezzi pronti o state lavorando a qualcosa di nuovo?
Stiamo lavorando a delle nuove idee che per ora sono orribili…

Da un luogo comune all’altro. Le band solitamente tendono a dire che il nuovo album è il migliore della propria carriera, ma io credo che nel novanta per cento dei casi si tratti di una semplice frase fatta. Talvolta, tuttavia, è così. Onestamente, come collocate Il Cimitero Dei Semplici all’interno del vostro percorso artistico?
Probabilmente perché il disco nuovo sembra sempre il migliore, forse perché le canzoni sanno ancora di nuovo, sono il presente, ci rappresentano al meglio…ci devono ancora stancare…o forse perché si spera sempre in un salto di qualità ad ogni album, si crede in questo. Credo ci vogliano molti dischi alle spalle per poter fare questa valutazione. Il nostro primo lavoro “Umorismi Neri” ha un impatto emotivo maggiore del secondo e credo sia, nella sua ingenuità, più diretto, un insieme di canzoni messe assieme che spingono in avanti. “Il Cimitero Dei Semplici” è stato pensato come un album con un inizio definito e un preciso finale, curato in ogni particolare e in tutte le sue sfumature; lo crediamo migliore per il suo evidente salto in avanti e per aver dato al gruppo un’identità ancora più forte: le canzoni ci rappresentano, ci piacciono e ci stiamo accorgendo che piacciono anche ai nostri fan.

Come nasce un brano tipo dei Rhumornero? Avete una formula che bene o male tende a ripetersi?
L’argomento è il motore del brano, arrivo in sala prove con un demo fatto in casa e da lì comincia l’arrangiamento, che a volte dura una settimana, a volte qualche anno. La title track è stata composta tra il 2001 e il 2011, “La Papessa” è iniziata nel 2005…

Dalle vostre dichiarazioni traspare quanto aprire per i Deep Purple sia stato allo stesso tempo il coronamento di un sogno, ma anche un evento totalmente destabilizzante per la band. Cosa è successo dopo quello show?
Bella domanda… Aprire per i Deep Purple, condividere il palco con i nostri miti, è stato il coronamento di un sogno. Quella data ci diede immediatamente notorietà a livello nazionale, ci eravamo accorti che avevamo raggiunto i nostri obbiettivi: far nascere un gruppo rock, fare un disco, una tournee ed essere riconosciuti in tutto il paese come una vera e propria “realtà”. Tuttavia quel concerto chiuse un ciclo, qualcosa era finito e qualcos’altro doveva cominciare; seguì un periodo di ristagno, segnato da un cambio di line up (l’arrivo di Luca Guidi alla batteria) e da un 2011 dedicato completamente al nuovo sospirato disco.

La Toscana, così come molte altre regioni italiane, presenta una scena musicale molto viva, ma sfruttata solo in piccolissima parte. Quali sono le maggiori difficoltà con cui vi trovate a confrontarvi ogni giorno?
Credo che il problema riguardi l’Italia intera: pur essendoci tantissime realtà di grande qualità, in radio passano sempre i soliti, in tv pure e gli spazi sono sempre pochi. Ma attenzione: la musica indipendente è un iceberg pronto ad affondare il Titanic della discografia…

Ormai la musica dal vivo viene percepita un po’ come l’ultima risorsa del settore. La sensazione è però che, dopo aver rotto il giocattolo della discografia, chi ha in mano le redini di tutto stia facendo la stessa cosa con i concerti. Che idea vi siete fatti a riguardo?
È diventata una vera e propria giungla, in cui accade di tutto e dove si sono perse le linee base che coordinavano la discografia. Francamente, credo che neppure le major sappiano bene cosa fare. Il supporto cd oggi serve solo da biglietto da visita, le uniche entrate arrivano dai live e dai diritti d’autore e naturalmente vogliono tutti pescare da li…Sinceramente, non so cosa dirti. Ci penseremo quando i Rhumornero saranno in grado di riempire i palazzetti, intanto, perseveriamo e non ci pensiamo molto..

Si può ancora vivere di musica o è necessario avere altri lavori per poter portare avanti la propria arte?
Si può vivere di musica eccome..

Quali sono gli artisti di cui avete subito e continuate a subire maggiormente l’influenza?
Gli anni settanta e ottanta sono stati ugualmente importanti, ma è il graffio dei novanta che sembra esserci entrato maggiormente nel sangue. Io personalmente ascolto moltissimo Franco Battiato.

Luca Garrò

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