La sottile linea bianca – Ballata per la mia piccola iena – La fine la più importante – Ci sono molti modi – La vedova bianca – Carne fresca – Male in polvere – Chissà com’è – Il sangue di giuda – Il compleanno di Andrea
A tre anni di distanza dall’ultimo “Quello che non c’è”, tornano gli Afterhours a riprendere il discorso lasciato precedentemente in sospeso e a cercare di intraprenderne un altro, insieme alla volontà di aprirsi al mercato estero. Forse anche per questo motivo ritroviamo tra le collaborazioni dell’album due nomi illustri della scena internazionale, in primis Greg Dulli (Afghan Whigs, Twilight Singers) in qualità di coproduttore oltre che grande amico di Manuel Agnelli, e John Parish (produttore e arrangiatore tra gli altri di Tracy Chapman e PJ Harvey), impegnato al missaggio di buona parte dei pezzi. I brani dell’album sono legati tra loro da una tensione costante e non risolta, che rimane in sospeso e contribuisce a creare un’atmosfera dalle tinte scure che accompagna l’ascoltatore per tutta la durata del disco. L’inizio è letteralmente bruciante, si avverte una grande rabbia che cerca in ogni modo di emergere, ma rimane imprigionata tra le maglie dei brani e contribuisce ulteriormente ad innalzare la tensione generale. Sul finale il disco cala un po’, forse anche per il fatto di aver inserito alla fine della scaletta i brani più lenti e atmosferici, ma potrebbe anche essere una precisa scelta stilistica nell’economia del disco che induce a pensare ad una sorta di serena accettazione della propria condizione, la rabbia e la tensione non si possono estinguere, ma è possibile conviverci.
L.N.