Arco e Sandali – Cinestetica – La spesa – Non lo sanno – Dio come sta? – Lauto ritratto – L’unica cosa – Dominique (canzone di gelosia) – L’aria intorno – Licantropo – Sushi & Coca – Pensieri a sonagli
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Non sono immediati i Marta sui Tubi. Ascoltare un loro disco è come entrare in un labirinto sonoro fatto di immagini, poesia, saliscendi chitarristici e riflessioni metafisiche.
Passato lo svarione inziale però, fermato lo sguardo e teso l’orecchio a un ascolto attento, vengono fuori milioni di colori e particolari da non dimenticare.
Per “Sushi & coca”, questo il titolo del nuovo disco arrivato dopo “C’è gente che deve dormire” del 2005 e pubblicato per la neo etichetta Tamburi usati, la formazione si fa più numerosa con l’ingresso, dopo Ivan Paolini alla batteria già presente nel secondo disco, di Paolo Pischedda alle tastiere.
Si parte subito all’insegna della schizofrenia con il brano “Arco e sandali” dove ai veloci scioglilingua si alterna un ritornello melodico ben cadenzato; è poi la volta di “Cinestetica” dove è forte la presenza del pianoforte mentre le linee melodiche sono fluide e portano l’ascoltatore a uno scivolo sonoro; più raccolta la successiva “La spesa”, introdotta da strofe quasi parlate, mentre magnifica è invece “Non lo sanno” dove Giovanni duetta con un coro di bambini che sembra stargli dietro anche nei punti più veloci. Si cambia registro con “Dio come sta?”, che disorienta per i suoi cambi di tempo, ammorbidendosi in un finale pianistico suggestivo; notevole risulta anche “Lauto ritratto”, una ballata profonda arricchita dagli archi e dal piano. Vero cardine del disco è però la complessa “Dominique (canzone di gelosia)”dove si passa dal rock progressivo a un ritornello dal sapore retrò, fino al metal urlato del finale: incredibile!
La titletrack “Sushi & coca” è un’ode malinconica alla nebbiosa città milanese e ne mette in luce le ambiguità e i controsensi con un avanzare ipnotico della voce.
Meno originale e più giocata su un ritornello di facile presa, il singolo “L’unica cosa” mentre invece restano degne di nota la ballad “L’aria intorno”, con un crescendo vocale da brividi, e “Licantropo”.
Concludendo, un disco completo che insegue la strada troppo spesso bistrattata, almeno in Italia, dell’originalità e che lascia spazio a progressi futuri. Complimenti.
Grazie a Renato Ferreri