[Indie/Prog/Psichedelia] Julie’s Haircut – Our Secret Ceremony (2009)
[Cd1–Sermons] Sleepwalker – The Shadow, Our Home – The Stain – The Devil In Kate Moss – The Dead Will Walk The Earth – Origins – Mean Affair – Mountain Tea Traders – Let The Oracle Speak
[Cd2–Liturgy] La Macchina Universale – The Devil In Kate Moss Part II: Exorcism – Hidden Channels Of The Mind – Breakfast With The Lobster – Ceremony – They Came To Me
http://www.julieshaircut.com
http://www.asilentplace.it
Quando nel 2006 i Julie’s Haircut avevano scelto la strada della psichedelia, con il controverso “After dark, my sweet”, ci avevano lasciati un po’ orfani della spigliatezza garage e dei ritornelli che li avevano resi famosi. Abbiamo atteso quasi tre anni per sapere dove la svolta ci avrebbe portati, ed eccoli che tornano, più belli che mai, a presentarci un lavoro finalmente completo, finalmente coinvolgente, finalmente intenso.
Questo doppio cd della durata complessiva di novanta minuti si divide in due parti. La prima è più legata alla forma canzone, la seconda suona come una lunga jam session o come un album post: la voce compare poco, e se è presente è sopraffatta da muri di suoni e silenzi sporcati di ambient. I punti di forza, nel complesso, sono molteplici: dall’iniziale “Sleepwalker”, che viaggia su ritmi punk funk, alla profezia surf di “The Dead Will Walk The Earth”, dall’ambient di “Origins” alla lezione di indie di “The Devil In Kate Moss”, in generale niente pare lasciato al caso ed anzi molto è riconducibile ad un gioco di specchi fra tracce e tracce, in cui l’una è la variazione dell’altra.
Dalla seconda parte in poi le atmosfere, passando attraverso “Hidden Channels Of The Mind” e “Breakfast With the Lobster”, diventano sempre più dilatate senza però perdere in tensione, e la conclusiva “They Come To Me” ci suona rassicurante come lo poteva essere “Afterhours” dopo l’intero “Velvet Underground”.
La quantità di ospiti illustri, da Enrico Gabrielli, che ci regala un bel riff di clarinetto basso in “Mean Affair”, a Emanuele Reverberi, cui dobbiamo una buona metà della già citata “They Came To Me”, fa pensare più ad un collettivo che ad una band chiusa in uno studio, e la “Cerimonia segreta” evocata nel titolo pare intenta a resuscitare un approccio da prog anni settanta alla creazione musicale.
Il risultato complessivo è qualcosa di quasi anacronistico, per noi testoline abituate alle canzoni pop da tre minuti e mezzo: un album che dura come un film, che è un film, che ci chiede coraggiosamente attenzione per un tempo di molto superiore a quello che di solito ci serve per consumare musica, un album che al primo ascolto magari sembrerà un po’ ostico ma che alla fine diventerà colonna sonora indispensabile delle nostre giornate.
Francesca Stella Riva