10 giugno 2006
I Punkreas ci raccontano diverse cose poco dopo la pubblicazione del loro nuovo live album. Parola alla band quindi, ringraziando la sempre encomiabile disponibilità di Flavio, PropaPromoz e Serena. No more interruption pliz.
“Abbiamo registrato il live quasi per caso, e siamo contenti di averlo fatto. Un sacco di canzoni suonano meglio che nella versione originale, perché c’è un tiro e un ensamble che in studio inevitabilmente si perdono. Non abbiamo sovrainciso né corretto nulla. Ci siamo limitati a far mixare il materiale da Paolo Dal Broi, che resta il fonico col gusto più rock che conosciamo. Pubblicare un lavoro dal vivo significa che si è raggiunto un punto importante nella propria carriera. Si, registrazione dopo registrazione avevamo capito che stavamo suonando al meglio con una certa costanza, e che quindi il momento meritava di essere fotografato. Per registrare un live così, senza ritocchi, devi aspettare un momento particolare, in cui tutti sono ben sintonizzati, la scaletta è rodata, non ci sono malumori o preoccupazioni personali o collettive. E’ come aspettare l’onda: non dipende da te che ci sia, ma quando c’è sai che devi prenderla. Non si sa quando arriva la prossima.”
“Fare un bilancio della nostra carriera è difficile e speriamo anche un po’ prematuro. Di sicuro intorno a noi è cambiato tutto e anche noi siamo cambiati: siamo nati come gruppo quando ancora c’era il muro di Berlino, mentre non c’erano né Internet né i cellulari (intendo i telefoni, gli altri cellulari c’erano già). Questi cambiamenti sono ancora un po’ troppo vicini, non si riesce ad avere la distanza per fare un vero bilancio. Quello che posso dire è che noi, ora come allora, cerchiamo di decodificare la situazione, per poter fare il nostro movimento. Ora come ora siamo interessati a mettere in piedi qualche collaborazione musicale o extra-musicale. E’ uno dei prossimi progetti.”
“Della scena punk nazionale attuale, se dovessi farti dei nomi ti farei Skruigners e soprattutto Gerson. I Gerson mi piacciono molto. Prossimamente faremo qualche data assieme, e non è escluso che si organizzi qualcosa di speciale.”
“Parlando de “la grande truffa della marijuana” posso dirti che è cominciata perché uno di noi è stato arrestato perché coltivava canapa in casa. Da lì abbiamo fatto la canzone, ma prima ancora ci siamo informati, perché ci sembrava assurdo che fosse un crimine coltivare una pianta così bella come la marijuana. Così abbiamo avuto conferma di quello che sospettavamo: è tutto uno sporco complotto iniziato da chimici e petrolieri e sostenuto dal narcotraffico, che vive grazie al proibizionismo. Lo so, detto così sembra un delirio: ma lo sapevate che con la canapa si può fare ottima carta, plastica, tessuti, e perfino combustibili naturali? Trovate tutto nel Dvd allegato a “Quello che sei”. Guradatelo e avrete la prova che non si è mai troppo paranoici quando si ha a che fare con le sporche del potere.”