Il recente passato di Timberlake ha offerto una carriera cinematografica decisamente zoppa (più per scelte sbagliate che per limiti suoi). Il futuro prossimo porterà una tanto scontata quanto non richiesta reunion con gli Nsync. Il presente, grazie a Dio, ce lo presenta come ‘Il presidente del pop’ a fare quella musica che gli viene bene. Dopo il ritorno con The 20/20 Experience (sorprendentemente buono) ecco la già annunciata parte seconda; considerateli separati o come un doppio album fatto uscire a rate, è comunque notevole come Justin sia riuscito a mettere insieme così tanto materiale valido.
Siamo sempre sulle coordinate di pop ‘adulto’ pesantemente influenzato da r’n’b e soul, ancora una volta presentato in brani mediamente lunghi, con code ed introduzioni estese. Pur mancando forse un singolazzo come “Mirrors”, il disco in toto è godibile, grazie ad un piglio decisamente più diretto e ballabile rispetto alla Parte 1. Il tutto è ancora prodotto da Timbaland, una relazione artistica però che ormai inizia a mostrare i suoi limiti: il suono sarà ricco e stratificato come al solito, ma ormai certe soluzioni hanno superato la data di scadenza, con un Timba che ancora si ostina a riproporre certi suoi versi, insopportabili ormai dal 2007. Non si capisce se T&T non sappiano fare a meno l’uno dell’altro o se Timberlake se lo tenga per misericordia.
Un altro ottimo colpo comunque, che chiude alla grande la 20/20 Experience, consacrandola come un’esperienza musicale ricca e matura, per un artista che avrebbe potuto riciclarsi con facile robaccia usa-e getta ma ha preferito ben altro spessore artistico.
Marco Brambilla