Sgombriamo subito il campo da dubbi: “Terrestrials” è un buon album. Pensato nei minimi particolari, prodotto con criterio, suonato con partecipazione. Però non è niente più di questo. Non si tratta dell’evento che molti si sarebbero potuti attendere, dati i due nomi impegnati nel progetto. Uno dei quali, Sunn 0))), non pubblicava materiale inedito dai tempi del fondamentale “Monoliths & Dimensions” (2009). In breve, dalla collaborazione ci si aspettava l’esplorazione di altri mondi, cosa a cui le due band avevano ormai abituato i loro fan; invece Ulver e Sunn 0))) non si spingono oltre la riproposizione delle loro ultime esperienze, in un continuo piluccare ambient dronata e imbastardita con space rock, psichedelia e fusion che non aggiunge nulla a quanto fatto negli ultimi tre lustri.
“Terrestrials” è pure molto breve, per lo meno nella sua versione base: tre lunghi brani per poco più di 35 minuti complessivi di durata, che fanno sì viaggiare la mente dell’ascoltatore, ma col pilota automatico inserito. L’opener “Let There Be Light” è una sorta di omaggio ai Pink Floyd (il titolo parla chiaro), riletti attraverso microsuoni che oscillano fra drone e ambient, con un lieve retrogusto post rock; l’inserimento della tromba fa virare il tutto verso una sorta di free jazz spaziale, simile a quanto già esperito nell’ultimo Sunn, prima dell’impennata finale a base di percussioni, fiati e archi che invece riporta all’atmosfera dei “corrieri cosmici” tedeschi di quarant’anni fa. “Western Horn” cambia l’atmosfera: dagli astri si sprofonda in una buia notte terrestre, senza luna; l’introduzione gioca di sponda con il Lustmord più tetro (ma si potrebbe vedere anche una ripresa del sound di “Black One“), successivamente il brano cresce d’intensità concludendosi con il crescendo di prammatica (è comunque ben congeniato). “Eternal Return” chiude l’opera ammiccando a sfondi cinematici e aromi psichedelici: si tratta della composizione più melodica, l’unica in cui compare la voce e l’unica nella quale il peso degli Ulver è determinante; a tratti somiglia a un mix fra le suggestioni di “Wars Of The Roses” dei norvegesi stessi e qualche ombra degli ultimi Earth.
Il disco è tutto qua. La sua valutazione dipende dalle aspettative che ognuno riponeva su di esso. Se queste erano basse, allora “Terrestrials” può essere goduto appieno nel suo essere un lavoro di genere. Se, al contrario, la speranza era quella di aver a che fare con una nuova entità sconosciuta, l’LP non può soddisfare appieno l’ascolto dell’appassionato.
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