Ottimo ritorno per gli Anal Cunt, che dopo essersi fatti beffe di questo mondo e quell’altro hanno deciso di scrivere il loro disco più ‘orecchiabile’ di sempre. Prendete questa definizione con le cautele del caso, dato che si sta comunque parlando di una band che ha sempre messo maggior enfasi sui titoli piuttosto che sulla musica, quasi sempre riducibile a un primitivo grindcore reso ulteriormente indistinguibile dai latrati di Seth Putnam, da sempre loro leader ‘carismatico’. Eppure “Fuckin’ A” li vede protagonisti di dieci pezzi che, per quanto grezzi, mostrano un filo conduttore, e contengono persino degli spunti melodici (!).
Come si può subito intuire dalla copertina, che cita spudoratamente quella di “Too Fast For Love” dei Motley Crue, il nuovo bersaglio dei Nostri è il glam/street metal degli anni Ottanta, qui portato al suo eccesso massimo e ridicolizzato soprattutto a livello di tematiche, prassi comune per Seth e compagni. In questo senso, titoli come “Kicking Your Ass And Fucking Your Bitch”, “Hot Girls On The Road”, “Whiskey, Coke, And Sluts” e “All I Give A Fuck About Is Sex” parlano chiaro in proposito. Il fatto eclatante, però, è che la musica cerca di adeguarsi a questo nuovo obiettivo. Di grindcore propriamente detto non c’è traccia, a farla da padrone è invece una specie di hardcore grezzo e brutale che cita le bestialità di G.G. Allin e i primi Circle Jerks, unito a una sorta di thrash/proto black lercio e putrido che potrebbe essere il frutto di una session ad elevatissimo tasso alcolico fra Venom ed Hellhammer. Di più, in tutto ciò sono chiari anche i rimandi all’hard rock di una trentina d’anni fa, come testimoniano i riff di “Fuck Yeah”, “Loudest Stereo” (qui si possono persino scorgere gli Ac/Dc) o gli assoli (!!) presenti qua e là. Evidentemente nelle loro menti malate è così che avrebbe dovuto suonare lo sleaze metal, o che dovrebbe suonare il rock in generale. Ancor più sorprendenti sono gli oltre 5 minuti della conclusiva “I Wish My Dealer Was Open”, sorta di ‘lirico’ commiato giocato su tempi lenti e dal sapore psichedelico e Seventies (cfr. il lungo solo della chitarra), urla sgraziate di Putnam a parte.
“Fuckin’ A” è proprio un bel disco, in cui per una volta gli Anal Cunt offrono un contenuto musicale che può risultare interessante anche senza l’apparato sarcastico/satirico che li ha resi famosi. Consigliato, non solo ai fan storici.
Stefano Masnaghetti