The Heavy Countdown #46: Aviations, Cane Hill, Crossfaith, Marmozets

Aviations – The Light Years
Nel debutto degli Aviations ritroviamo elementi swancore e progressive metal moderni con suggestioni emo, in un amalgama che vi terrà incollati all’ascolto fino all’ultimo minuto di running time. E non finisce qui. Prendete “Quest”, una sorta di ibrido fra Periphery e The Ongoing Concept, oppure “Concrete Kitten”, in cui la parte strumentale assomiglia pericolosamente ai Chon. Insomma, in “The Light Years” non c’è nulla di nuovo, ma la bellezza di questo disco sta nel modo in cui i Nostri riescono a miscelare generi, sound e influenze differenti e appartenenti a epoche e mondi diversi, facendoci letteralmente spiccare il volo.

We Set Signals – Abandon Ship
I We Set Signals hanno deciso di farsi in due, pubblicando ora l’EP “Abandon Ship”, mentre nei prossimi mesi sarà il turno della seconda parte “Abandon Hope”. E date le premesse e il potenziale espresso, non possiamo far altro che aspettarci grandi cose dal futuro. In “Abandon Ship” non c’è un solo pezzo che non funzioni (comprese le versioni acustiche, soprattutto “Reunions Suck”, forse ancora più efficace della sua controparte heavy), grazie al super catchy mix di metalcore e pop punk che farà la gioia dei fan degli A Day To Remember, o semplicemente dei giovani o di chi si sente giovane dentro (come chi scrive).

AA VV – American Satan (Original Motion Picture Soundtrack)
Qualche mese fa è uscito “American Satan”, pellicola che narra il patto con il diavolo di una giovane rockstar, e che soprattutto vede come protagonisti Ben Bruce degli Asking Alexandria e Andy Biersack dei Black Veil Brides. Nonostante questo film non verrà mai distribuito in Italia, vi consiglio di andare a recuperarlo e soprattutto di ascoltarvi la colonna sonora che vede progetti solisti di pezzi da novanta del nu metal (Jonathan Davis e Chino Moreno), donzelle grintose (Pretty Reckless e In This Moment), mega hit hair metal (“18 and Life” degli Skid Row), cover interessanti (“Mother” di Danzig rivisitata dai Prep School) e il top dell’underground (Circa Survive, The Dillinger Escape Plan, Parkway Drive). Enjoy.

Cane Hill – Too Far Gone
Se gli Of Mice & Men hanno messo una pietra sopra alle influenze nu metal, i Cane Hill (band compagna di etichetta degli OM&M) con “Too Far Gone” continuano a farsi un nome nel (nu-)metalcore, senza rinunciare a spintissime influenze provenienti da Slipknot, Korn (e pure Godsmack nei brani più tamarri tipo “Hateful”). Il secondo album dei ragazzi però, se non tanto nel sound, rappresenta una crescita a livello di lyrics e personale. Come recita il titolo, dopo essere andati troppo in là (con droghe e alcol), la sobrietà è una conquista da festeggiare con un’opera numero due godibilissima anche se non rivoluzionaria.

Crossfaith – Wipeout
“Wipeout” è il terzo di una serie di EP che ha avuto origine nel 2016 con “New Age Warriors”. Così come il fil rouge che collega i lavori dei Crossfaith è il futuro, anche il loro modus operandi è futuribile e sicuramente più appetibile ai palati moderni di un full-length. I tre pezzi che compongono “Wipeout” sono un ottimo esempio di metalcore (più orientato verso l’hardcore che al metal tout court, con tratti sovente tendenti al nu metal), sporcati spesso e volentieri di elettronica e synth. La band giapponese ci sa fare, eccome, e il nuovo EP fila che è un piacere. Anche se noi siamo “vecchi” e attendiamo qualcosa di più corposo da Ken Koie e soci.

Marmozets – Knowing What You Know Now
I Marmozets hanno spianato la strada a una serie di nuove band (leggi Creeper) con il loro debutto di quattro anni fa, “The Weird and Wonderful Marmozets”, grazie soprattutto a una frontwoman dalla presenza e dal range vocale ugualmente incisivi. Arrivati all’opera numero due in carriera, i Nostri l’energia ce l’hanno ancora, eccome (e la opener “Play” è lì a testimoniarlo), ma la voglia di dimostrare al mondo intero di essere finalmente maturi con un sound spesso molto al di fuori del loro radar (vedi la ballad “Insomnia”) non sempre paga, e anzi, sembra un tentativo maldestro di farsi largo a tutti i costi nel mainstream. Ci riusciranno lo stesso? Ai posteri l’ardua sentenza.

Earth Caller – Crystal Death
Della precedente incarnazione degli Earth Caller è sopravvissuto solo il cantante Josh Collard, che rimboccandosi le maniche, ha tirato fuori dal sacco dei nuovi compagni per proseguire la sua avventura. La seconda fatica della band australiana appartiene al filone del melodic hardcore (o modern hardcore, com’è più trendy definirlo oggi), ed è nettamente divisa in due parti, andando decisamente a calare in energia e vivacità diluendo il tutto nella melodia anche fin troppo sdolcinata (a partire dai clean vocals in “Dying Beside You”), a scapito del ritmo. Ed è un peccato.

Insolvency – Antagonism of the Soul
Dopo una lavorazione lunga quasi due anni, i francesi Insolvency sono pronti a debuttare con questo “Antagonism of the Soul”. Il territorio in cui la formazione si muove è quello già esplorato e misurato da Trivium e All That Remains. Quindi, proprio come i loro maestri, gli Insolvency non peccano in tecnica e produzione, ma la formula, soprattutto nella prima parte del disco, è sempre la medesima che abbiamo ascoltato mezzo miliardo di altre volte. Nella seconda metà invece il lavoro si fa più sperimentale (sintomatico che singoli come “Death Wish” siano collocati proprio sul finale). Scelta peraltro discutibile, data l’attenzione dell’attuale ascoltatore medio, ma avranno avuto le loro ragioni.

Terror Universal – Make Them Bleed
Nei Terror Universal militano membri attuali e passati di Machine Head, Ill Nino e Soulfly. Al debutto discografico con “Make Them Bleed”, i quattro descrivono la loro proposta come la colonna sonora ideale di uno slasher movie, ma in realtà è un omaggio nostalgico ai tempi d’oro del nu metal, quando questo genere era ai vertici delle classifiche. Ovviamente, data la provenienza dei musicisti che compongono questo supergruppo, “Make Them Bleed” non può essere un prodotto scadente, ma crogiolandosi troppo nella nostalgia dei bei tempi andati è alla lunga derivativo e manca di quel guizzo che soprattutto in questo periodo di revival nu metal si deve avere per non passare inosservati.