Come si cura un dolore? Magari rendendolo evidente a tutti, facendone materia di arte suggestiva. Björk, regina del ghiaccio e del fuoco, ha scelto questa via, creando un disco che non è solo triste, ma una vera full immersion nella devastazione di un cuore spezzato. Un album difficile e bellissimo, in cui la musicista torna al connubio tra archi ed elettronica di “Homogenic”.
Nove brani lunghi e lunghissimi per le sperimentazioni di un’artista incurante delle mode, che incide – come si faceva una volta – per la necessità, l’urgenza di esprimere se stessa. “Vulnicura” (la “cura del dolore” appunto) non è un lavoro fatto per piacere ma mette in comunicazione diretta con il sentimento, la passione. In “Atom Dance” c’è un altro artista inclassificabile come Antony Hegarty, “Black Lake” sono dieci minuti di maelstrom emotivo, mentre un barlume di speranza è affidato alla conclusiva “Quicksand”. Un grande ritorno, non per tutti.