Non si può certo dire che Zakk Wylde sia un re stanco e appagato, con la sua mole mastodontica e la sua barba da vikingo non si adagia sul trono di chitarre nemmeno a seguito del considerevole ammontare di progetti lavori e collaborazioni. Dove lo avevamo lasciato? Un bel tour acustico per il secondo capitolo del “Book Of Shadows”, la notizia fresca fresca di un suo ritorno del figliol prodigo alla casa madre Ozzy Osbourne dietro la chitarra solista dell’ultimo (?) tour del principe delle tenebre, in mezzo a tutto questo ha anche trovato il tempo di dilettarsi con le canzoni dei Black Sabbath in giro per il mondo con il progetto Zakk Sabbath.
I Black Label Society? “Catacombs Of The Black Vatican” risale al 2014 e aveva convinto con qualche ombra, mentre il precedente “Order Of The Black” era uno dei migliori lavori di sempre della band. I BLS sono altresì da considerare un gruppo a supporto dell’onnipotente Zakk che tutto decide e tutto scrive. Basti pensare che per il tour solista acustico non ha nemmeno dovuto cambiare elementi per, chessò, dare un’interruzione di continuità o cambiare sound. I BLS sono diventati a tutti gli effetti la Zakk Wylde band che si limita a cambiare spartito voltando pagina a seconda del progetto in cui è immmerso.
Acustica, cover, repertorio di Ozzy e repertorio dei BLS, ora tocca a “The Grimmest Hits“, il nuovo capitolo della band che nasce nel 1998 dopo i successi legati all’album “No More Tears” scritto a quattro mani con Ozzy. Lo spartito quindi è chiaro e sappiamo cosa aspettarci da questo nuovo lavoro dell’infaticabile Zakk (anche se capita sempre più spesso la buca a una o più date dei tour).
Undicesimo album e medesimo sound che spazia tra il doom all’heavy più classico, con qualche tocco di atmosfera Grunge e le classiche ballatone che veleggiano sulla superficie del tedioso a sorreggere una voce di Zakk che comincia a sentire gli anni e le birre.
“Trampled Down Below” è una di quelle cose per cui voler bene a questa band, con il suo riff bluesy e heavy al tempo stesso, per il timbro tagliente e allucinato del bestione al microfono e chitarra. L’incedere è solidissimo e appagante in tutto, dal ritmo serrato e pesante, dalle melodie che conquistano al primo ascolto. La produzione si presenta subito di primissimo livello. Tremendamente catchy “Season Of Falter” che rallenta ma compensa con un mood suadente che ammicca alle produzioni soliste di Ozzy ma anch’essa con un riff blues davvero convincente. Blues e distorsione pare essere la spida dorsale di questo album perché anche “The Betrayal” è sulla stessa onda e Zakk pare essere a questo giro ispiratissimo sia nel sfornare riff che melodie combinando un mix funzionale al massimo, appagante per potenza e immediatezza.
Poche altri episodi della discografia dei BLS hanno una così ben calibrata combinazione di elementi lasciando da parte i tanti vecchi difetti che vanno da una eccessiva graniticità di certi pezzi difficili alla lunga da digerire e all’opposto altri evidentemente non concludenti, accennati e incompleti. Che dire di “All That Once Shined” che inizia come una ballad blues per poi vestirsi di distorsione ma mantenendo una melodia ancestrale, serpentina, che ammalia. La ballata non tarda e questa volta invece del classico ballatone metal ci troviamo davanti a un satellite a tutti gli effetti di Book Of Shadows parte seconda il che è a tutto vantaggio della leggerezza dell’ascolto. Abbiamo ancora negli occhi l’esilarante video di “Room Of Nightmare” dove i nostri sono impegnati ad animare una festa di compleanno di irrequieti ragazzini, se vi manca recuperatelo perché merita. Chi segue i canali social di Zakk sa che abbiamo di fronte un pazzo difficilmente contenibile nei suoi sfoghi di demenzialità.
Inganna il giro di chitarra acustica che introduce “A Love Unreal”, una canzone sofferta ed emozionante, un lamento d’amore che però si esprime scalciando un riff doom carico a pallettoni impreziosito da un bel ritornello melodico. “Disbelief” è un tributo diretto ai Sabbath (l’inizio è “Iron Man”) e come di consueto le ballate sono più di una a cadenzare i dischi in maniera costante. “The Day That Heaven Had Gone Away” è una ballata country a tutti gli effeti e di nuovo pensiamo ai due album solisti, questa volta un pochino più southern nel mood. “Illusion Of Peace” rompe ancora una volta la calma e parte con il riff più veloce e ribadiamo che da questo punto di vista forse più di tutti gli altri Zakk è ispiratissimo. Se “Bury Your Sorrow” può essere considerato a conti fatti l’unico riempitivo del lotto, la vera sorpresa è la finale “Nothing Left To Say”, una ballata dalle melodie quasi pop ma dotata di una grazia unica. La vena ispirativa di Zakk non sembra esaurirsi e anzi pare essere in uno dei momenti migliori sia per quanto riguarda il lato più heavy che per quello più intimo e acustico.