“Hawkdope”, il quarto album dei romani Black Rainbows, è il disco ideale per l’estate e per i viaggi, sia che siano road trip veri e propri o divagazioni solitarie nel silenzio confortevole di queste notti miti. Il trio di musicisti, attivo dal 2005, rimarca la propria appartenenza a un certo genere musicale (lo psych-fuzz, se vogliamo utilizzare le parole con cui la stessa band ama definirsi) omaggiando, non solo nelle sonorità ma anche nel titolo dell’album, i veterani Hawkwind, tra i fondatori dello space rock.
Nove pezzi per un viaggio indietro nel tempo, agli anni ’70 dei chitarroni distorti e degli assoli all’insegna del virtuosismo (vedi la opener “The Prophet”). “Wolf Eyes” è il rombo rassicurante di un motore lungo una strada senza curve, che non sai bene dove ti porterà. Concetto che ritorna anche in “No Fuel No Fun”, la colonna sonora perfetta per una corsa notturna verso l’ignoto.
I Black Rainbows si fanno belli in tracce come “Hypnotize My Soul with Rock ‘n’ Roll”, un crescendo (nomen omen) ipnotico costruito sull’intrecciarsi di una serie di riff distorti, che si ammorbidisce sul finale moltiplicando esponenzialmente l’effetto ammaliante. Anche in “Waiting For The Sun” i nostri non scherzano, mettendo in scena su un giro di basso molto bluesy una sorta di festa hippy intorno a un falò, troppo breve per essere vera. E infatti, si ritorna alla radici e allo spazio siderale con “The Cosmic Picker”, la chiusura più lisergica e sognante che i Black Rainbows potessero regalare alla loro ultima fatica. Effetto tranquillizzante assicurato, senza mai scadere nel sonnifero.