Bon Iver – 22, A Million

bon-iver-22-a-millionAlla notizia che sarebbe uscito un nuovo album dei Bon Iver, qualche mese fa, ero rimasto piuttosto indifferente. In un periodo in cui il folk ha già passato la fase di popolarità crescente e sta lentamente tornando nel suo antro di genere per pochi, nemmeno la conferenza stampa che Justin Vernon, fondatore e deus-ex-machina della band, aveva tenuto in un hotel del Wisconsin era riuscita a risollevarmi di morale. Dopo i due successi planetari di “For Emma, Forever Ago” e “Bon Iver, Bon Iver”, quello che mi potevo aspettare era infatti una parte seconda di uno dei due capolavori, che poco avrebbe aggiunto al panorama musicale e alla carriera del compositore. Ma i fatti sono diversi dalle supposizioni, perché “22, A Million”, uscito ufficialmente oggi, non è per nulla l’album folk che ci aspettavamo. O almeno non solo.

“It might be over soon” è la frase con cui Vernon ci accoglie nel suo nuovo mondo, in cui alle camicie di flanella e alle chitarre acustiche sono state sostituite voci sfibrate e atmosfere sintetiche. E più ci si inoltra nell’ascolto dell’album, più la frase criptica con cui inizia “22 (OVER S∞∞N)”, brano di apertura, acquista un senso. Ciò che si conclude, infatti, è una vera e propria tradizione, da cui Vernon si allontana ogni brano di più. Nulla che lo abbia costretto a rinunciare alle voci pitchate a cui eravamo tanto affezionati, sia chiaro, che rimangono in tutto l’album l’unica parte che del cantautore è sopravvissuta. Il rinnovamento invece giace nella tecnica compositiva, in cui ogni suono è pensato, pesato e parte da provini e registrazioni domestiche dell’artista, che per una volta mette del razionale dove fino a qualche anno fa esistevano solo sensazioni e istinto.

La contrapposizione esatta per descrivere questo cambiamento non è però, parafrasando un classico della letteratura, quella fra “ragione” e “sentimento”. Con “22, A Million” ci troviamo infatti davanti a delle vere e proprie “cronache marziane” e lo possiamo sentire da “10 d E A T h b R E a s T ⚄ ⚄”, in cui i suoni tribali ci portano su un pianeta in cui è facile collocare quegli stessi geroglifici di cui è pieno l’artwork dell’LP. Gli stessi ritmi si inseriscono con grazia anche in momenti quasi acustici come quelli di “33 _GOD_”, brano di passaggio fra il vocale nudo e crudo di “715 – CRΣΣKS” e “29 #Strafford APTS”, in cui la canonicità del folk viene spezzata da delle voci modificate in modo da sembrare quasi una parodia di se stesse.

Degno di nota è “____45_____”, in cui Vernon fa sfoggio della propria voce senza il canonico falsetto e ci prepara alla conclusione inevitabile: “00000 Million” è un pugno nello stomaco di intimità, solo piano e voci, che ci scaglia addosso la potenza di un simil-gospel fatto di preoccupazioni ma anche di speranze, chiudendo l’album e il nuovo percorso di Justin Vernon/Bon Iver con il recupero di quella malinconia che per il resto del lavoro era stata abbandonata e a cui ci aveva abituati. E che, alla fine, renderà questo “22, A Million” una perfetta colonna sonora per i nostri momenti autunnali.

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