Gli oltre sette anni trascorsi dalla pubblicazione di “11” sono la distanza temporale più lunga tra due album di inediti nella storia discografica di Bryan Adams. Ma più che il tempo trascorso, il principale motivo di interesse intorno al suo nuovo lavoro – “Get Up!” – è rappresentato dalla ricomposizione della coppia d’oro (o sarebbe meglio dire “di platino”) che era alla base del gigantesco successo degli anni ’80, ovvero quella formata dal cantautore canadese, e da Jim Vallance, coautore di quasi tutti i brani dei primi cinque album, tra i quali spicca il capolavoro “Reckless”.
La produzione è stata affidata a una vecchia volpe, Jeff Lynne, un signore che può dire di aver collaborato, separatamente, con tre Beatles.
Un aspetto di “Get Up!” che colpisce ancora prima che si inizi l’ascolto riguarda la tracklist, che può essere divisa in modo naturale in due parti: le prime nove tracce sono inedite ed eseguite con arrangiamento standard, mentre le quattro successive, sono versioni acustiche di quattro dei primi nove pezzi. La particolarità sta nel fatto che questa scelta è stata adottata per tutte le edizioni. Che i 25 minuti di durata fossero un po’ pochi? Di sicuro meglio riempire con versioni acustiche che con noiosi filler.
La velocità è in ogni caso una caratteristica fondamentale di “Get Up!”, perché tutte le canzoni sono dirette, senza troppe sofisticazioni, né nella struttura armonica e melodica, né nell’arrangiamento, che potremmo definire essenziale.
Ciò era già intuibile dai due brani svelati prima dell’uscita, ovvero la spensierata “You Belong To Me”, appoggiata su ritmiche rockabilly, e “Brand New Day”, canzone pop-rock di riconoscibile produzione Adams-Vallance, che contiene le parole “Get Up” e può dunque essere considerata come una title-track, anche per l’importanza ricoperta in fase di produzione.
I due singoli aprono e chiudono la tracklist, mentre in mezzo il tema comune è il rock and roll orientato verso i ’60, evidente in “Go Down Rockin'”, “That’s Rock And Roll” (e la cosa in entrambi emerge già dal titolo), “Do What Ya Gotta Do” e “Thunderbolt”, brani energici e promettenti in ottica live. “We Did It All” è la ballata melodica che non può mancare in un disco di Adams, “Don’t Even Try” è una canzone malinconica che strizza l’occhio alla musica beat, mentre “Yesterday Was Just A Dream” è una bella progressione pop.
Le quattro versioni acustiche, che rivisitano “We Did It All”, “Don’t Even Try”, “You Belong To Me” e “Brand New Day”, risultano più che convincenti e, considerati i trascorsi acustici dell’artista di Kingston, non c’è motivo per stupirsi.
Grazie anche alla brevità delle tracce, l’ascolto è a rapidissimo assorbimento, i pezzi si susseguono in modo fluido e naturale, e il risultato finale è ottimo. La decisione di realizzare un lavoro così veloce e ispirato al rock delle origini, preannunciata dalla raccolta di cover “Tracks Of My Years” pubblicata circa un anno fa, in modo astratto potrebbe essere criticata a priori, ma anche dopo un solo ascolto è già vincente, e probabilmente “Get Up!” sarà ben accolto anche da chi non aveva gradito gli ultimi dischi di inediti; la scrittura di Jim Vallance e la produzione di Jeff Lynne, hanno indubbiamente svolto un ruolo fondamentale.
Dal punto di vista vocale Adams sembra ancora il ragazzino di trent’anni fa: il suo timbro inconfondibile resiste al tempo e nelle versioni acustiche risalta maggiormente.
In conclusione, “Get Up!” è un album divertente, vigoroso, e orecchiabile, che può raccogliere apprezzamenti sia tra i fan di lunga data che tra gli ascoltatori generici; non avrà l’impatto dei lavori più famosi della prima parte di carriera, e forse manca di canzoni che si elevino al di sopra delle altre, ma ci consegna un Bryan Adams in grande forma e senza alcuna intenzione di rallentare e adagiarsi sulla propria carriera.