Caparezza – Prisoner 709

Caparezza non l’ha presa bene, e lo avevamo capito dal singolo rilasciato la settimana scorsa, quel Prisoner 709 che dà anche il titolo al nuovo e settimo album in studio dell’artista pugliese.
Non ha preso bene il come si fruisce la musica e il come la si fa. Non ha preso bene (e ci mancherebbe) le sue vicissitudini di salute.

Probabilmente non ha preso bene nemmeno la genesi di questo suo nuovo album, quando si è reso conto che ne sarebbe uscito un lavoro molto personale e per questo specchio perfetto di quello stesso malessere nei temi trattati e nel mood generale che lo pervade.

Caparezza non si nasconde. Si psicanalizza e ne parla apertamente sia nella conferenza stampa di ieri sia nella traccia di apertura dell’album: Prosopagnosia.

Il risultato finale non è però una rottura netta con il passato, un’inversione di marcia, anzi.
Sono più i punti in comune con gli ultimi due album pubblicati rispetto alle differenze.

Con Museica e Il sogno eretico ha in comune l’essere fuori moda e fuori tempo con tracklist troppo lunghe in durata (oltre l’ora) e in numero di brani (oltre quindici). Una perfetta scelta autolesionista nel mercato attuale dove la media è di 9 pezzi e 45 minuti scarsi. Condivide le scelte azzeccate dei featuring. Questa volta la scelta è ricaduta su Max Gazzè nella splendida Migliora la tua memoria con un click, passando dalla storia del rap con DMC in Forever Jung e al mai troppo ingiustamente sottovalutato John De Leo (vero ed unico erede di Stratos) che impreziosisce due dei brani più ostici di Prisoner 709, Prosopagnosia e Minimoog. Altro punto in comune molto evidente è il filo conduttore tematico che caratterizza l’album. In passato l’arte, la politica e la denuncia sociale, oggi la psicologia e l’autoanalisi critica.

Nella già citata sterminata tracklist c’è anche spazio per altre tematiche e ovviamente per sviscerare concetti e descrivere le distorsioni e deviazioni (vero mantra del rap) della società moderna.

L’uomo che premette è un classico dell’arte caparezziana di saper blastare i peggiori figuri che sempre più spopolano nel pressapochismo da social, con un riff pazzesco e un testo tagliente al punto giusto.
Prisoner 709 è un diamante sia musicalmente sia nel testo che tira bombe a mano per 4 minuti sull’industria della fruizione musicale odierna, accompagnata in questa missione da Il Testo che avrei voluto scrivere.
Ti fa star bene è il prossimo singolo (ci scommettiamo).
La caduta di Atlante è figlia dell’amore del Nostro per il crossover, oltre che musicale, anche dell’aspetto storico-culturale.

Potrei proseguire per un clamoroso wall of text descrivendo atmosfere e messaggi di ogni singolo brano, ma non renderei giustizia alla complessità di quello che in poche ore dall’uscita si candida prepotentemente come miglior uscita del 2017.

La solidità artistica, la credibilità e la coerenza di Caparezza sono ai massimi livelli da quando si è affacciato sulle scene musicali italiane nel 2000. Tanto è fondamentale, quanto questi tre anni di attesa sono sembrati almeno il doppio.

Te lo avevo già scritto, ma lo ripeto: bentornato Michele.