Cercare di tirare le fila di un artista in continua evoluzione come Coez non è affar semplice. Silvano aka Coez torna con un nuovo disco, “Niente che non va”, smussando i difetti del lavoro precedente in cui pop e rap ancora si scontravano, ed è meno incazzato degli esordi. Il suo debutto “Figlio di nessuno” è un album che dovrebbe essere presente nella discografia di ogni saccente rapper new style, per capire quale dovrebbe essere il livello di metriche del genere. Altro che sesso, droga e (poco e male) rock ‘n’ roll!
Coez, diciamo la verità, ha raccolto poco dal suo genere di provenienza ma non tutto il male viene per nuocere e la sua evoluzione stilistica ne è un esempio: si dimostra un cantautore dalle rime pesate e quotato, che lavora per sottrazione (lirica) eppure il quadro che dipinge è vivido. Al bando un vocabolario asettico, plastificato e la ricerca estetica della bella locuzione, Coez parla di schianti frontali, sangue, e nulla è mai stato così potente. Si respira libertà di penna e quel sano menefreghismo alla critica gratuita di chi lo taccia come il rinnegato del rap. Un album che raccoglie aforismi e vita, scorrendo il rapporto con il padre, i soprusi e l’amore su cui ci mette una pietra sopra, citando Rino Gaetano e i Blur contemporaneamente in un gioco sottile tra metriche e suoni. “Niente che non va” è un disco sobrio, senza fronzoli e pretese radical chic.