Secondo le regole ferree dei veri blackster, i Cradle of Filth sono dei venduti. Se hai successo commerciale non sei “true”. Quindi sei fuori dal giro, punto. Soprattutto se ti chiami Dani Filth. Penso che siano pochi i personaggi che scatenano così tanto astio tra metallari e presunti tali come il piccolo grande frontman della band del Suffolk. Di sicuro Dani il suo lavoro lo sa fare e, se questo significa essere anche un businessman, che male c’è se il risultato è notevole e ha successo? Infatti “Hammer Of The Witches”, l’undicesimo lavoro di studio della formazione inglese, è un gran bel pezzo di disco, visionario, intricato, in pieno stile Cradle of Filth. Chi temeva un nuovo scivolone alla “Nymphetamine”, dovrà quindi ricredersi.
Partiamo da tutto l’immaginario che circonda i CoF, l’artwork e i video che ogni volta sono una vera e propria gioia per gli occhi di chi ama un certo tipo atmosfere, e che ci introducono i nuovi membri della corte di Dani Filth durante la sua incursione in questo sabba a ritmo di doppia cassa e riff lancinanti.
Precisa l’intro “Walpurgis Eve”, che ci prende per mano accompagnandoci nella notte stregata e malefica, con violini, cori spettrali e tastieroni a profusione. “Yours Immortally…” invece ci fa esclamare “ok, sono davvero loro” dopo l’urlo atroce del buon Dani, lanciato a tutta velocità persino sul ritornello accattivante. Sul finire del pezzo facciamo conoscenza della voce femminile della nuova tastierista, Lindsay Schoolcraft, forse un po’ sottotono, ma una buona controparte come da tradizione della band. Con “Enshrined in Crematoria”, secondo singolo estratto da “Hammer Of The Witches” e lanciato da un video promozionale in cui si dà un volto e un nome ai nuovi componenti della band, siamo molto sul classico e ci sta bene. “Deflowering the Maidenhead, Displeasuring the Goddess” regala emozioni forti grazie ai cambi di tempo, agli inserti a tratti thrash, al cantato femminile e allo screaming agghiacciante di Filth, ma pur in questo calderone schizofrenico e magniloquente il risultato è fluido.
Non fatevi ingannare dall’intro sognante di “Blackest Magick in Practice”, perché come in ogni buon incantesimo che si rispetti, niente è quel che sembra. Infatti basta poco per partire in quarta all’improvviso, ma la sezione inziale viene ripresa all’interno della traccia, conferendole una bellezza mozzafiato. Forse “Right Wing of the Garden Triptych”, primo singolo ormai in circolazione da qualche tempo, è il brano più commerciale e “plastificato”, ma averne di episodi del genere di una frenesia e malvagità speciale: l’atmosfera profondamente malata suggerita dalle tastiere e dallo screaming demoniaco, che a tratti tocca abissi di una profondità incredibile, rimesta il sangue anche dell’ascoltatore più indifferente. Rimanendo in tema di sangue in ebollizione, arriva “The Vampyre at My Side”: alzi la mano chi non vorrebbe il bacio di un vampiro del genere, nell’oscurità gotica e decadente evocata da questo pezzo. In “Onward Christian Soldiers” si parte per le crociate: lo sferragliare di lance e spade, le urla di guerra e il ritmo marziale si uniscono in una cavalcata verso l’inevitabile disfatta. Se escludiamo le due bonus track, il viaggio nella notte infernale si chiude sulle note di un organo da messa nera nella strumentale “Blooding the Hounds of Hell”, i cui rintocchi vi rimarranno in mente anche parecchio tempo dopo l’ascolto.
Il martello delle streghe batte forte, forgiando un ottimo lavoro per i Cradle of Filth, che non dicono nulla di nuovo, ma almeno non deludono. Brividi assicurati, anche se fuori ci sono quaranta gradi.