Crystal Fairy – Crystal Fairy

I Crystal Fairy sono un supergruppo, parola sempre più presente nelle playlist e nelle cronache musicali. Qui convergono musicisti da svariati gruppi, e i loro nomi sono dei fari luccicanti che consentono ai fan di Melvins, At The Drive In e Mars Volta, nonché dei Le Butcherettes di approdare ai lidi stoner di questo disco scontroso, potente e eclettico.

Buzz Osborne e la sua proverbiale zazzera portano il peso, la gravità che spinge verso terra dello stoner più puro, i riff asciutti e asciuganti, la scontrosità del metal, la compattezza e distorsione dell’accordatura tipica stoner, sporca e compressa ai limiti della cacofonia. Un artista attivissimo Buzz, se è vero che dopo il buonissimo “Hold In It” del 2014 sono previsti quest’anno oltre a questo progetto ben due album dei Melvins. Con lui dal gruppo statunitense (idolatrato ai tempi da un certo Kurt Cobain) il batterista Dale Crover, che contribuisce allo stampo duro e lento di vago richiamo Sludge Metal.

Omar Rodriguez-Lopez è un’altra zazzera importante nel mondo del rock, perché è una buona metà del nucleo artistico di due gruppi imprescindibili quali At The Drive In (anche loro in pieno ritorno discografico) e Mars Volta, che con la sua chitarra apporta un tocco di spigliata psichedelia e imprevedibilità che hanno reso i suoi gruppi di provenienza delle pietre miliari del progressive e del post-punk.

Ciliegina sulla torta e per me sorpresa assoluta e di immenso piacere la signorina Teri Gender Bender, un vulcano di energia classe 1989 (come Taylor Swift, essendone di fatto il suo negativo). Disordinata e tarantolata, il suo tono vocale alto e capriccioso dona ai pezzi dell’album omonimo dei Crystal Fairy una potenza e espressività che aiuterà questo lavoro a non rimanere una pillola chimerica fine a se stessa e presto dimenticata, come innumerevoli altri progetti affini. Simile a tratti al collega Cedric Bixler Zavala dei Mars Volta e At The Drive In, ma con interessanti inflessioni alla Bjork più spigliata, a Karen-O e Tori Amos.

Tutte queste influenze musicali formano una proposta musicale unica, il cui titolo presenta in modo perfetto. Un suono cristallino, duro come il diamante, compatto e pesante, ma al tempo stesso setoso, carezzevole come una moquette macchiata di fumo di sigaretta, dai passi pesanti che quando vuole sa però mettersi in punta di piedi e schizzare tra le ombre come un folletto impazzito.

“Chiseler”, già anticipazione dell’uscita dell’album, è una mazzata stoner dove tutte le componenti dei Crystal Fairy vanno a mille, dove dal muro devastante di suoni distorti emerge il fantasma di una melodia che si libra fioca sopra gli strumenti distorti al massimo. Va fortissimo, per poi cedere il passo all’incredibile “Drogs On The Bus”, un pezzo dove Teri prepara un tappeto di melodia sopra il quale lo stoner si dimena indiavolato, con una linea di basso da urlo.

“Necklace Of Divorce” è di certo uno dei pezzi migliori dell’album, dalle macchie punk e un incedere furioso e irresistibile, con numerose svolte mai banali, dove Teri dimostra di essere la star indiscussa del gruppo. Il suo mood dark e ansioso si trasforma in potenza pura. La sabbathiana “Moth Tongue” rallenta al doom nostalgico e citazionale, mentre con la title-track si torna allo stoner puro con occhiolini al progressive e assonanze ai Tool, con la parte vocale di Teri molto vicina a quella dei Mars Volta. “Secret Agent Rat” alza l’asticella, con un riff che è granito puro e l’esoticità del pezzo resa ancora più insinuante grazie al testo in lingua spagnola, che rende il tutto molto desertico, molto stoner.

Un incubo musicale, ansioso e claustrofobico, annuncia “Under Trouble”, la manifestazione in musica di una paranoia dell’essere, lenta e serpeggiante come una formula magica, che esplode con un ritmo cadenzato da chitarra e battito di mani, fino a farlo sembrare uno degli episodi più cupi della discografia dei Queens Of The Stone Age. Sulle ali della title track, un’altra esplosione di furia post punk, con un basso che sembra magma liquido ma denso, la voce di Teri acuta e imprendibile. In “Posesio’n” si accosta anche la voce di Buzz a quella di Teri, in una sfuriata punk acrobatica e veloce, dove le voci si accavallano e dove il disordine cacofonico risolve il tutto dopo un paio di minuti, per poi approdare al riff Grunge di ‘Sweet Self’, la canzone più alternative del disco e di chiaro rimando anni ’90.  “Vampire X-mas” chiude riportando alle nostre orecchie la linea stoner che in pratica non ci ha mai lasciato in queste 11 tracce piene di distorsione e melodie tarantolate.

Crystal Fairy è un album incredibile, dalla convergenza unica di stili e influenze, ma con il comune denominatore della potenza e ecletticità. Un lavoro artistico, divertente e mai banale dove spicca incontrastata l’incredibile interpretazione della cantante Teri Gender Bender con la sua prova psicotica e ansiosa. Da ascoltare e riascoltare a volumi illegali.