La prima domanda che sorge spontanea durante l’ascolto di “Black Laden Crown” di Danzig è “ma l’effetto lo-fi è voluto?”. Se sì, potrebbe essere un sentito omaggio alla prima epoca Misfits. In caso contrario, è necessario rivedere qualcosina. Ma procediamo con ordine.
La nuova fatica di Danzig (se escludiamo “Skeletons”, la raccolta di cover risalente al 2015) arriva a distanza di sette anni dall’acclamato “Deth Red Sabaoth”. Nel frattempo la carriera solista del buon Glenn ha subito una brusca frenata, complice anche la tanto inattesa quanto breve reunion con gli “original Misfits”. “Black Laden Crown” arriva in un momento molto particolare nell’esistenza del nostro “Evil Elvis”, impegnato proprio in questi giorni nell’organizzazione del festival a tema horror-punk “Blackest of the Black” e a festeggiare il 25esimo anniversario della pubblicazione di “Danzig III: How the Gods Kill”.
Si può dire tutto quindi, tranne che Danzig abbia perso la voglia. Anche ascoltando le nove tracce che compongono “Black Laden Crown”, è facile intuire che l’ex (?) frontman dei Misfits abbia ancora qualcosa da dire. Il problema però, è come lo dice. In alcuni brani del nuovo album infatti, la produzione e il mixaggio non sono dei migliori, soprattutto alla voce (vedi il singolo “Devil On Hwy 9”, che risulta il pezzo più debole dell’intero lavoro). Proprio la voce. Quella voce. Sarà forse perché il produttore del disco, come da migliore tradizione DYI è lo stesso Danzig? Può darsi. Ma tutto sommato, grazie anche all’intervento di fior fior di musicisti ospiti (due nomi su tutti, Tommy Victor e Joey Castillo) l’opera viaggia egregiamente, in particolar modo nella cupezza doom e nelle venature blues che fanno tanto “Danzig II: Lucifuge” (memorabili “Last Ride” e Pull the Sun”).
In ogni caso, l’attesa per “Black Laden Crown” era davvero alle stelle. Glenn Danzig, seppur con le migliori intenzioni del mondo, non è riuscito a soddisfare le aspettative, ma per favore, non dite che non ne ha più. Nonostante gli anni che passano, la voce che cala e i muscoli che cedono, Mr Anzalone è ancora lì, a fare dischi a sei decenni suonati. Ma se questa volta noi hardcore fan ci accontentiamo, al prossimo giro pretendiamo di più.