A due anni da “Almanacco del giorno prima”, torna Giuseppe Peveri, in arte Dente, con il nuovo album “Canzoni per metà”. Un titolo didascalico per un percorso intimo e personale che vede il cantautore di Fidenza comporre e suonare in solitaria le venti tracce protagoniste di questa nuova avventura.
Un album dedicato alle metà e alle storie incompiute: venti (e dico VENTI) brani di cui nessuno supera i quattro minuti e che lo stesso Dente definisce “anomali”; tracce che rifiutano di piegarsi alle strutture musicali e alla metrica convenzionale seguendo una logica propria. Sono in apparenza leggere, spensierate e a tratti surreali queste neonate bambine di Dente: l’eccezione diventa la regola, quasi metà delle tracce sfumano o si interrompono prima di raggiungere i sessanta secondi e quelli che potrebbero essere dei discreti intermezzi diventano pillole protagoniste di questa inconsueta tracklist. Sembrano incompiute, come vuole suggerire il titolo dell’album; sono eterogenee per mood e tematica, come il visual che campeggia sul fondo pastello della cover: un ibrido umano-pesce, una sirena collage risultato dell’unione di parti apparentemente scollegate.
“Scrivo una canzoncina tutta per te/ vera come le mie lacrime / ma non ti preoccupare / non la sentirà nessuno / i cantautori non vendono più.” recita il primo brano “Canzoncina”: solo 24 parole agrodolci, la malinconia e la disillusione per una figura culturale che sembra essere stata messa all’angolo dalla pigrizia che premia il disimpegno e i contenuti semplici (a pochi chilometri di distanza “Oroscopo” di Calcutta riceve il Disco d’oro, per dire).
“La mia generazione non esiste / è solo un’invenzione / è poco più di un nome” dice “Noi e il mattino”: una nostalgia del passato e del cantautorato classico che si trovano a dover convivere con l’esigenza di stare al passo con i tempi e con i mezzi contemporanei, tant’è che il primo singolo “Curriculum” è stato presentato tramite una maratona live su Facebook composta di brevi video distribuiti in dodici ore e in altrettanti luoghi diversi.
Dente ritorna con la sua inseparabile chitarra, la cui dolcezza si alterna a brani dal ritmo ipnotico come “Geometria sentimentale”, quella geometria complice delle rime ripetitive e un po’ naif care al cantautore romagnolo che ritornano in brani come “L’amore non è bello”, canzoncina autoreferenziale dalle rime quasi compulsive.
La fine di un amore, la nostalgia per il passato, la diffidenza nel presente fanno capolino dalle parole di Dente, sempre ambigue e metaforiche che, sfuggendo alla descrizione delle cose così come sono, preferiscono farsi cullare nel surreale dei sogni ad occhi aperti come in “Il padre di mio figlio” e “Fasi lunatiche”.
“Canzoni per metà” si chiude con un’emblematica “Senza testo?2.0”, brano strumentale chitarra e tastiera (del computer).
Difficile da digerire quest’album frammentario: saranno i pochi minuti che sfumano nel silenzio e lasciano in sospeso, sarà la monotonia del voler fare tutto da soli, saranno i testi ripetitivi dalle rime a tutti i costi ma “Canzoni per metà” lascia un po’ con l’acquolina in bocca, come se, durante una cena tanto attesa, dopo l’antipasto ci avessero servito subito il dolce, privandoci delle portate principali.