The Heavy Countdown #89: Destrage, Fleshgod Apocalypse, Deathspell Omega, Of Virtue, Siamese

Destrage – The Chosen One
Mettere in discussione la tecnica ineccepibile e le capacità dei Destrage sarebbe negare l’evidenza, e infatti, “The Chosen One” è l’ennesimo bel disco di Paolo Colavolpe e soci. Pur adottando soluzioni meno rischiose e imprevedibili rispetto alle precedenti pubblicazioni, i Nostri continuano a fondere tra loro metalcore, djent, progressive e hard rock con sempre maggiore convinzione, esplorando anche nella chiusura di “The Gifted One” una vena più solenne ed epica e per certi versi inedita.

Fleshgod Apocalypse – Veleno
Arrivati al quinto full-length in carriera, gli italianissimi Fleshgod Apocalypse si attestano tra le migliori realtà del panorama heavy underground internazionale. Con i suoi elementi sinfonici e orchestrali, supportati da solide radici death metal impreziosite da slanci catchy che fanno risultare questa proposta tutt’altro che indigesta anche a chi è abituato a ben altre sonorità, la band prosegue sulla strada già ampiamente spianata da King (2016). Stratificazioni e opulenza, che si traducono nelle atmosfere cinematiche di pezzi come “Sugar” o “Monnalisa”, giusto per citarne un paio.

Deathspell Omega – The Furnaces of Palingenesia
Sono in molti a pensare che con “The Furnaces of Palingenesia” si chiuda idealmente un cerchio iniziato nel lontano 2010 con “Paracletus”, l’album dei Deathspell Omega che aveva dato origine a un nuovo modo di intendere il black metal. L’ultimo lavoro della formazione francese è come da tradizione oscuro, soffocante, lontano da qualsiasi convenzione, i cui slanci di violenza (“Sacrificial Theopathy”) vengono esaltati dai momenti di quiete apparente (“1523”), regalando all’opera una dinamicità tutt’altro che sgradevole.

Of Virtue – What Defines You
Che cosa fa di noi quello che siamo veramente? Gli Of Virtue provano a rispondere a una tra le domande più difficili che esistano in “What Defines You”, traducendo in musica emozioni, desideri e paure. La band del Michigan si rifà parecchio ai Beartooth, proponendo un melodic metalcore/alternative metal (vedi “Alone”), che si lascia spesso andare al sentimentalismo (“Pictures Of You”) ma non disdegna i pestoni (“I Won’t Break”). Soluzioni già sentite per carità, ma che non fa male a nessuno ascoltare una volta in più (o in meno).

Siamese – Super Human
Chi non muore si rivede. Dopo “Shameless”, i Siamese danno alle stampe “Super Human”, un disco che di soprannaturale ha ben poco, pur lasciandosi ascoltare senza problemi, a patto di farlo con la mente sgombra e soprattutto avendo una certa dimestichezza con il biebercore. Alla stregua del precedente album, ritroviamo l’atteggiamento e le citazioni pop (spesso al limite dell’imbarazzo, come nella opening “B.A.N.A.N.A.S.”), ma è proprio l’episodio che più farà storcere il naso ai puristi, ovvero la title-track intrisa di trap, il migliore del lavoro.