Beady Eye – BE

I Beady Eye e le citazioni. Una storia d’amore che dura ormai da oltre quattro anni. Dopo “Different Gear, Still Speeding” le aspettative erano evaporate, lasciando spazio all’esasperazione per la mirabolante soap opera intitolata “la reunion dei fratelli Gallagher“, in cui Liam interpreta il decaduto che brama di tornare a navigare nei consensi, mentre Noel veste i panni dell’incorruttibile che si diverte a declinare. Dunque l’unica buona notizia è che “BE”, secondo album dei Beady Eye, non ha particolari aspettative da disattendere.
Siccome l’Italia è uno dei pochi Paesi a non aver censurato il capezzolo in copertina (quando si tratta di tette e culi allora sì che siamo avanti), è largamente diffusa la tendenza ad un principio di interesse che muore dopo aver capito che “ah ma è l’altro disco dei Beady Eye, gli Oasis senza Noel”. Totalmente demotivante. Perché nonostante ci sia ancora un giusto seguito per un gruppo di validi musicisti dalle influenze auree, l’impressione generale è che gli stimoli siano irreperibili.

L’unica nota positiva è la produzione, che dopo il leggendario Steve Lillywhite (U2, The Rolling Stones, Morrissey, Peter Gabriel, per tirare fuori un poker di nomi da niente) è stata affidata a Dave Sitek dei Tv On The Radio, che se non altro ha dato un “tono all’ambiente”. Un bel tentativo ugualmente vano, dal momento che è sufficiente analizzare due singoli per riassumere cosa offre il disco. “Second Bite of the Apple” apre le danze della neverending obsession per i Beatles, mentre il virtuosismo arriva con “Shine a Light”. Il titolo è lo stesso di una canzone dei Rolling Stones, il pattern della batteria è lo stesso di “Desire” degli U2, il riff è lo stesso di “1969” degli Stooges e se scavassimo a fondo certamente troveremmo un po’ di Fab Four anche qui. Bisognerebbe anche tenere presente che i componenti sono gli stessi degli Oasis, ma a dire il vero manca quello migliore.

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