A due anni dall’album d’esordio “Doo Wops & Hulligans”, Bruno Mars torna sulle scene con “Unorthodox Jukebox”. Niente di innovativo né che farà gridare al miracolo, ma occorre riconoscere la realtà oggettiva: Peter Hernandez, nome all’anagrafe del cantante e produttore hawaiano, ha un incredibile talento nel confezionare brani dall’alto appeal radiofonico e destinati a rimanere impressi nella mente dell’ascoltatore. Insomma, di creare il vero pop. Dieci brani talmente tanto immediati che suonano di già sentito. Una canzone fra tutte “Locked Out Of Heaven”, il singolo di lancio, che nelle strofe ha un sound molto stinghiano. O anche il binomio “Treasure You” e “Moonshine”, in cui è palese che uno dei maggiori punti di riferimento di Mars è nientepopodimeno che Michael Jackson. I suddetti pezzi, infatti, sono caratterizzati da un groove che è il risultato di una commistione tra funk e pop, formula vincente simile a quella adottata dal Re del Pop.
Due i momenti più alti di “Unorthodox Jukebox“: “Gorilla” e “When I Was Your Man”, per ragioni diametralmente opposte. Se la prima, infatti, si discosta dal filone pop rnb esibendo venature più contemporanee ed internazionali, la seconda è la dimostrazione che Bruno è perfettamente a suo agio non solo con ritmi ballabili, ma anche solo con la sua voce ed un pianoforte come unico accompagnamento. “Show Me” è l’unica traccia del tutto priva di senso all’interno dell’album: un reggae del tutto privo di mordente del quale avremmo fatto benissimo a meno.
Il rischio che correte con la seconda release di Mars è che, una volta che lo inserite nel vostro stereo, potreste passare tutto il pomeriggio ad ascoltarlo senza quasi rendervene conto. Tutto ciò fa presagire che, mantenendo questa linea musicale, Bruno Mars potrebbe diventare l’erede di Jacko in un futuro non molto lontano.
Claudia Falzone