Si è fatto attendere il successore del fortunato “Yanez” ad opera del Davide nazionale, ma la sorpresa che ci coglie nell’ascoltare le 16 tracce che compongono questa opera vale ogni singolo giorno di attesa.
Dopo il recente “Best of” il cantautore lagheè sembra voler iniziare a scrivere un nuovo capitolo della sua carriera. Da quanto si è potuto evincere dalla conferenza stampa, Van De Sfroos in questi ultimi periodi ha avuto diversi problemi personali: “Questo è un ritorno sulle scene dopo un periodo buio, dopo aver affrontato i fantasmi della depressione e dopo aver viaggiato profondamente dentro di me”, e naturalmente, da musicista di classe qual è, i suoi stati d’animo si sono riflessi nella sua arte. Il disco ha un’atmosfera piuttosto pesante, soprattutto nei primi ascolti prevale la vena malinconica, si sente che l’allegria scanzonata di alcuni lavori del passato ha ceduto il passo a brani più lenti, riflessivi e anche un po’ tristi (“Crusta de platen“, “Il re del giardino“, “Omen“, “Il viaggiatore“). Ha ragione il musicista nel dire che questo è il suo disco “più duro e sofferto”. Ma così come non è tutto oro quello che luccica, non è nemmeno tutta notte quello che è oscuro, infatti spazzi di luce e di serenità squarciano il velo dell’introspezione e ci portano momenti più ritmati e spensierati (“Cinema Ambra“, “Ki“, “Gira gira“, “Angel“).
Come al solito quindi ci troviamo fra le mani un album dalla doppia faccia, una moneta lanciata in aria, che gira e rigira, lasciandoci fino all’ultimo col fiato sospeso. “Goga e Magoga” non è un disco immediato, necessita di un certo numero di ascolti per essere compreso fino in fondo, per essere scoperto, assaporato. Insomma, come tutte le cose buone, e il nostro Davide alle cose buone ci ha ormai abituati, va gustato con la giusta calma. Allora mettetevi comodi, prendetevi tutto il tempo che vi serve, e lanciatevi alla scoperta di uno dei lavori migliori che Van De Sfroos abbia mai registrato in tutta la sua carriera.
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