http://www.gotanproject.com/splash
http://www.myspace.com/yabastalabel
Va dato atto ai Gotan Project di aver fondato la propria carriera su di un’intuizione geniale, quasi visionaria, grazie alla quale l’ensemble cosmopolita, fondato però a Parigi, ha potuto sviluppare un suono unico e inconfondibile. Laddove il nu jazz fondeva moderna elettronica da club e tradizione musicale afroamericana, loro hanno fatto grossomodo lo stesso, modificando però uno dei due ingredienti principali: nel nostro caso i beat sintetici si uniscono alla musica tradizionale latinoamericana, in particolare argentina, ancor più nello specifico il tango, tanto che qualcuno ha definito questo stile ‘electro tango’. Il loro debutto, “La Revancha del Tango”, è stato un successo clamoroso e, in un certo senso, inaspettato; anche se, a posteriori, la mistura di ritmi ballabili, atmosfere vellutate e scaltre cover sembrava fatta apposta per sfondare nel campo dell’easy listening di classe. Da allora non si sono più fermati.
“Tango 3.0” è, sin dal titolo, il disco che ti aspetteresti dai Gotan Project. Le differenze rispetto ai predecessori sono minime, diciamo che il trio ha ulteriormente levigato il proprio stile, l’ha reso ancor più lieve e innocuo. Molto tango e molta elettronica, quindi, ma anche parecchi riferimenti al nu jazz vero e proprio (Desilusion), più alcune commistioni fra nord e sud del continente americano, rintracciabili nel blues latino di “Panamericana”, negli accenni rock di “De Hombre a Hombre” e nel clima di “Tango Square”. Ci sono ospiti importanti: Dr. John all’organo hammond (ma il suo contributo è quasi impercettibile) e il Maestro Melingo al bandoneon (la sua presenza si sente moltissimo). La voce femminile è sempre affidata a Cristina Villalonga, e compare anche il commentatore Victor Hugo Morales – già, quello che illustrò le gesta del Maradona annata ‘mondiale’ 1986 – nel singolo “La Gloria”, in un cameo francamente evitabile e dal gusto discutibile.
Un album che, in ultima analisi, è una celebrazione della forma a scapito della sostanza. Questo è un pericolo in cui la musica composta da Philippe Cohen Solal, Christoph H. Müller e Eduardo Makaroff è sempre incorsa, ma in “Tango 3.0” tale difetto viene amplificato da una certa carenza d’idee che ne fanno un’opera ancor più leziosa e svenevole rispetto alle passate, nelle quali c’era comunque più vita e più energia, mentre qui i tempi sono quasi sempre eccessivamente lenti e tutto illanguidisce senza posa. I fan dovrebbero comunque apprezzarlo, seppur meno degli altri, e i Gotan Project continueranno a registrare il tutto esaurito nei loro spettacoli, però le loro canzoni si stanno sempre più avvicinando alla banale muzak da tappezzeria sonora, nonostante l’impeccabilità formale. Un rischio che potrebbe pregiudicare il resto della carriera del gruppo.
Stefano Masnaghetti