Sono lontani i tempi delle casse di birra nel sedile di dietro, delle chitarre al campo estivo e delle cotte adolescenziali. Erano neanche dieci anni fa ma sembrano un’eternità musicalmente parlando: le feste nei campus universitari ci sono ancora – eccome – ma la musica che passa, revival permettendo, non è certamente più la stessa di quando i Fountains Of Wayne dimenavano le chiome al ritmo di “Stacy’s mom“, il loro maggiore successo nella calda estate del 2003.
La band di Northampton ci prova comunque a riportarci a quel tempo e lo fa col quinto album in studio intitolato “Sky Full of Holes“. Ed i buchi non mancano. Non si tratta però di metaforici scorci di luce come quelli presenti nella copertina del disco, bensì della mancanza di una vera fonte ispiratrice che tiri le fila dei quattro musicisti statunitensi. Le tracce sono piatte e ripetitive, l’abbandono dell’impatto forte da chitarra elettrica in favore dell’acustica non fa altro che sottolineare la ridondanza di brani quali “The summer place” e “Firelight waltz“, mentre anche in brani più lanciati come “Someone’s gonna break your heart” (primo singolo estratto) si fatica a trovare un riff o ritornello che catturi davvero l’attenzione, anche dopo svariati ascolti.
Uniche luci a brillare tra le crepe del disco sono senz’altro la ballata folk “A road song” e la traccia di chiusura “Cemetery Guns“, un’elegia patriottica come solo quelle made in USA.
Insomma, sono davvero lontani i tempi dei Fountains Of Wayne. Il fatto è che nessuno pare sentirne poi tanto la mancanza.
Andrea Suverato