“Sotto i riflettori” parte male con “Tutti giù per terra”, brano in cui i Fuossera ci tengono davvero tanto a dirci che “sono tornati”. “Ma tornati da dove?”, verrebbe da chiedere. Perché i rapper vogliono sempre farci sapere che sono tornati? Tra un disco e l’altro scompaiono in una dimensione parallela dove rime e beat crescono sotto terra come i tartufi e da cui fanno ritorno dopo un lungo viaggio? Oppure hanno così tanta paura che la gente non si accorga che sono ancora qui? Mistero. In ogni caso, dalle prime tracce del disco l’impressione che si ha è quella di rime un po’ troppo semplici e testi banalotti, con i Fuossera che se la prendono con un “tutti” generico, finendo per non prendersela con nessuno, con tanto di pezzo impegnato (Ipocrisia) in cui svelano all’Italia che i politici sono cattivi.
Ma questo esordio severo e anche un po’ antipatico non è gratuito. Piuttosto, è motivato dal fatto che man mano che il disco procede, i napoletani Fuossera dimostrano di avere qualcosa di serio da proporre, di poter essere abili con le rime e originali nel modo in cui le presentano. È in pezzi come “Senza eroi” con i Co’ Sang, “Non chiedere maje” con Akey e “Biografite” che emerge tutto il loro potenziale. E quindi sorge spontaneo il rammarico per quei brani in cui i tre sembrano voler cantare il pezzo di qualcun altro. “Sotto i riflettori” è un disco di cui vanno presi gli episodi migliori, scremati e tenuti come punto di partenza per il futuro. E il risultato può essere qualcosa di veramente buono.
Marco Agustoni