“Non voglio iniziare a ripetere me stesso all’infinito. Piuttosto di andare in giro a riproporre le canzoni di quarant’anni fa meglio fermarsi. Mi sono chiesto, una volta terminato questo disco, se sarei stato in grado di farne un altro con la stessa energia, ma non ho saputo rispondere”. Così Ivano Fossati aveva motivato il suo ritiro. “Decadancing” è l’album che chiude una lunghissima carriera e il rapporto “pubblico” dell’artista con la musica. Ci apprestiamo così ad ascoltare un’opera che già di per se assume un valore incredibile.
Complessivamente si tratta di un percorso romantico/malinconico che parla di coraggio, di sbagli, di ricordi, di amori finiti e di democrazia. Ma Fossati non perde mai l’ottimismo e i testi sembrano sempre prevedere un lieto fine.
La profondità e la ricercatezza testuale di tracce come “Settembre”, “Laura e l’avvenire” e “Un natale borghese” si mescolano a soluzioni più semplici. Il concetto di semplicità va però inteso come immediatezza, come capacità d’impatto al momento dell’ascolto. Si tratta, infatti, di canzoni brillanti in grado di creare un interessante contrasto tra musica e messaggio. Su tutte, il primo singolo estratto: “La Decadenza”. Qui il racconto della realtà e del presente (“In mezzo a tanta oscurità le speranze non hanno chance”) è supportato da una base incalzante che non pare in linea con quel senso d’insoddisfazione provato dall’artista. Il sapore è agrodolce e sintetizza quel meccanismo di contrasti che terrà su tutto il disco: dai suoni alle parole, dal privato al sociale, dalla denuncia all’ottimismo. Come premesso, infatti, Fossati non perde la speranza. Ha intrapreso il suo viaggio con la consapevolezza di una decadenza diffusa, con la lucida analisi di ciò che manca al mondo e probabilmente anche nella sua vita. Ma questo percorso si chiuderà con un’immagine serena del domani, mettendo da parte cinismo e rassegnazione. “Eppure mi piace tutto questo futuro e anche il tempo sprecato che non vedo già più”.
Riccardo Rapezzi