Johnny Cash Out Among The Stars

Sono passati undici anni dalla morte di Johnny Cash. Ma sciocchezze come questa non impediscono certo all’Uomo in Nero di pubblicare un nuovo disco di quando in quando. Se oggi dodici nuove canzoni totalmente inedite suonano sul nostro stereo, è merito del figlio John Cash, che navigando tra gli sterminati archivi di registrazioni musicali lasciategli dai genitori si è imbattuto in “Out Among The Stars”.

“She Used To Love Me A Lot”, il primo singolo estratto dall’album, è uno dei pezzi migliori del lotto. Contiene tutti gli elementi che si cercano in un disco di Johnny Cash; la donna che una volta amava moltissimo il protagonista è seduta al Silver Spoon Cafè, e lui è intenzionato a  tentare il tutto per tutto per riaverla. Si gioca ogni carta, i vecchi ricordi, la possibilità di riprendere da dove avevano interrotto. Ma lei si alza per andarsene. ‹‹Sì, ho bisogno di qualcosa, ma quel qualcosa tu non ce l’hai››. La pubblicazione contiene anche un remix di Elvis Costello di questa canzone, una piccola perla a dirla tutta. Tre dei brani incisi su quest’album sono inoltre duetti, con un paio di nomi conosciuti ai fan della musica country: Waylon Jennings condivide il microfono con Cash su “I’m Movin’ On”, pezzo ritmato e coinvolgente, con una tastiera e una chitarra elettrica che si ispirano più al rock & roll che al country; “Baby Ride Easy” e “Do You Think It’s Come Our Time” sono invece cantati insieme a June Carter, seconda moglie di Johnny, compagna sul palco e nella vita, famosa fin da bambina come cantante nella Carter Family. La sua voce allegra e sferzante si contrappone armoniosamente a quella bassa e profonda di Cash, riportando alla mente duetti storici come “Jackson”, durante il quale in un’esibizione del 1968 l’artista chiese a June di sposarlo. “Call Your Mother” e “I Came To Believe” sono le uniche tracce composte personalmente da Cash, ma come i suoi fan ben sanno, se c’è qualcuno che sa fare sua totalmente una canzone e renderne personale una reinterpretazione, dal gospel al grunge,  quel qualcuno è Johnny Cash.

La registrazione risale al 1981, uno dei periodi meno felici per la sua carriera: lontano di un decennio dallo storico concerto alla prigione di Folsom, e di un altro dal futuro contratto con la American Recordings e la conseguente rinascita artistica, quest’album è la dimostrazione che nonostante il calo di vendite discografiche negli anni ’80 la creatività dell’Uomo in Nero non venne mai meno, e la qualità dei suoi lavori discografici fu sempre alta. Chissà quante altre perle ci attendono tra gli archivi polverosi di qualche casa discografica, e quante invece potremmo riscoprire semplicemente andando a spulciare tra vecchi vinili pubblicati ma ugualmente dimenticati.

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