Nicki Minaj Pink Friday Roman Reloaded

Nicki Minaj Pink Friday Roman Reloaded Recensione

Nicki Minaj, la nigga del momento. Ok, bando alle ciance: o la si ama o la si odia, proprio come il suo modo di cantare. A volerle bene si potrebbe chiamarla Lady GaGa di colore (per la voglia di osare a livello di look) ed erede di Missy Elliott (per essere una rapper fuori dagli schemi-anche se non è che ne siano uscite molte altre in questi anni). A voler essere cattivi, si potrebbe dire che ha vinto l’impero del male. E’ come se un produttore tutto pieno di bamba abbia scoperto il rap e abbia pensato “Ficoficoficoficofico! Guarda quanto tira! E quanti soldi! Di più! Ne vogliamo di più! Quindi voglio tutto ancora più trash, ancora più colorato, ancora più volgare! Per moltiplicare il cash moltiplichiamo nigga, bitches, hoes e motherfuckaaaaaaa!!!!!!”

Quindi, Nicki in america tira un sacco, Britney e Madonna l’hanno già sfruttata a dovere, ma è merito delle canzoni o dei video che sembrano una ricerca su pornhub.com con la tag “black ass”? Ascoltando il suo nuovo disco viene da pensare alla seconda ipotesi.

Il nuovo Pink Friday:Roman Reloaded è una lunga raccolta (19 pezzi) di tutto quello che Nicki sa/vuole fare: il solito pastone, sparare nel mucchio. E si parte con, in effetti, quello che sa fare meglio: rap duro e schizzato, con la sua voce da matta a impersonare il lunatico alter ego Roman Zolanski e giù di beat ossessivi. Non che a livello di sound sia stravolgente od originale, però è innegabile che prima o poi in testa una “Beez In The Trap”  ti entra e non si stacca più. Per gli anglofoni poi è qui che si trova il godimento maggiore, riuscendo a capire tutte le sue sparate contro le varie bitches o chicche come “Ti sbatto il cazzo in faccia” rifatto con vocalizzi alla Beyoncè. Dopo la parte rap arriva la zona di decompressione coi classici pezzi melodici, tipica roba dove chiami Chris Brown a cantare e via, anche se la grinta non diminuisce (vedi la pornografica “Sex In The Lounge”). Poi attacca la parte dance, che è anche la più corposa del disco, ed è soprattutto qui che si va a perdere il filo. E’ assolutamente la parte più appetibile per gli abitanti dell’Eurozona ma ci sono pochi guizzi: “Starships” e un’altra a caso come “Whip It” riescono a fondere il sound più pop con le dure rappate di Nicki, poi sembra di essere dalla Rihanna del discount. Da “Marilyn Monroe” il disco avvia la chiusura con una serie di pezzi nuovamente melodici e pop ben costruiti ma davvero troppo ridondanti uno di fila all’altro, fino al celebre singolo conclusivo “Stupid Hoe”, dove regna di nuovo la follia della Minaj migliore. Insomma, Nicki è la troia del momento (e qua apro una parentesi: sì ho scritto “troia” e spero rimanga scritto perché mi pare ridicolo che la Minaj possa usare una profusione di “bitches” e “hoes” e io no, uffa). Però è 70% hype e 30% talento. Può fare di meglio.

Marco Brambilla

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