Vondelpark – Tell Me When You’re Ready – I Don’t Even Know What That Is – 59 – Kickstrasse – Everybody Please Relax – Balthazar – Local Science – The Box – Giddy Up – The Kids – Sparks
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I 1990s sono un trio di indie rock proveniente da Glasgow, Scozia. “Kicks” è il loro secondo album, pubblicato a due anni di distanza da “Cookies”, esordio ovviamente pompato a dovere dalla stampa britannica. Incidono per la prestigiosa Rough Trade.
I ragazzi sono scaltri. Hanno individuato il loro campo d’azione in un pop rock semplice e diretto, rispettoso dell’immaginario indie contemporaneo (copertina e testi parlano chiaro in questo senso), ma ricchissimo di riferimenti al glam rock degli anni Settanta e al punk virato in chiave power – pop. In sintesi il loro gioco è proprio questo: nutrirsi di musica spigolosa e trasgressiva, come poteva essere quella dei due generi sopracitati, colti al momento della loro nascita, e renderla placida e innocua in poche e semplici mosse. Magari rivestendola di melodie vocali che uniscano la solarità dei Beach Boys e la cantabilità dei Beatles, come accade in “Sparks”, in “Vondelpark” e soprattutto nel singolo “59”. Oppure rifacendosi a Clash e New York Dolls in “Kickstrasse”, senza però dimenticarsi di anestetizzare le distorsioni più roboanti con ritornelli ultra melodici e attentissimi all’airplay radiofonico. Un trattamento simile lo riceve anche il riff à la Rolling Stones di “Everybody Please Relax”, pezzo che parte sicuro e aggressivo ma che nel volgere di pochi secondi si trasforma in un altro, monotono numero di rock easy listening. Mentre la marcia in fuzz di “The Box” richiama Iggy Pop e il primo punk, però ancora una volta ci si mettono di mezzo tastiere zuccherose e fastidiosi coretti acutissimi a rovinare tutto. Il punto più basso del disco è comunque raggiunto con “Local Science”, ballad melensa e banale.
Nonostante tutti questi difetti (o forse proprio per questi), il rock allegro e spensierato dei 1990s rischia di catturare tutti quelli che si sentono orfani delle sonorità brit – pop di Oasis e simili: nel nostro caso ci sono più riferimenti agli 80 ed ai 70 piuttosto che al rock inglese dei 60, ma la prospettiva musicale è simile. Così il disco risulta divertente al primo ascolto, un po’ troppo derivativo e scontato al secondo, noioso e sin troppo monotono al terzo, irritante ed inutile dal quarto in avanti. Probabilmente in UK riuscirà ad approdare nelle classifiche ufficiali. Ma rimane l’impressione di aver a che fare con un prodotto usa e getta e con una band che potrebbe sparire dalle scene nel giro di pochi anni.
Stefano Masnaghetti